Evviva la conservatoria degli antichi vitigni

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Marchampt è un comune francese di circa quattrocentocinquanta abitanti, nel Beaujolais. È lì che Karine e Cyril Alonso hanno creato la loro Conservatoire des Vignes Anciennes, la Conservatoria delle vigne antiche. Ci hanno raccolto ceppi di più di centoquaranta varietà, distribuiti su tre parcelle di suolo granitico, nel cuore di quattrocentocinquanta ettari di bosco, dove vivono ricercando, nei limiti del possibile, l’autosufficienza alimentare (hanno un orto, un frutteto, un’aia, gli alveari). Con le vecchissime varietà  che hanno impiantato ci producono dei vini, secondo i dettami della filosofia non interventista.

Su un sito internet francese specializzato nelle piccole produzioni “naturali” ho acquistato un loro vino dal nome magrittiano apparentemente contraddittorio: Ceci n’est pas un vin, questo non è un vino. Ovviamente è un Vin de France, usa cioè quella menzione nazionale dei “vini” generici che da noi non ha attecchito molto, e in Francia invece viene adoperata parecchio, soprattutto per le vinificazioni più sperimentali. Qui siamo in piena sperimentazione.

Il vino è fatto per metà con il gamay blanc gloriod e per l’altra metà con lo chardonnay (il Beaujolais è la continuazione a sud della Borgogna, non dimentichiamolo). Il vitigno prende l’ultima parte del suo nome da Émile Gloriod, il giardiniere che lo scoprì, nel 1895. Sui tratterebbe di un incrocio tra il gouais blanc e il pinot, ma c’è chi ci vede anche una somiglianza con il melon, che ora è diffuso soprattutto nella parte più occidentale della Loira.

Com’è il vino? Il colore è leggermente torbido e lievemente dorato. Nella bottiglia c’è un po’ di deposito, evidentemente non è stata eseguita alcuna filtrazione. Subito, all’olfatto si mostra poco espressivo, mentre in bocca ha una rispettabile presenza tattile in virtù di una vena di mineralità salata e di una buona freschezza. Gradualmente, si apre verso ricordi di fiori bianchi essiccati (l’acacia) e di fieno fresco, arricchiti da sottili accenni piccanti di pepe bianco. L’alcol è a dodici gradi e mezzo. Non ha una lunghezza enorme, ma il sorso dà comunque soddisfazione e con il cibo il vino ci sta bene.

L’ho pagato, on line, intorno ai 25 euro, che non è poco per il vino in sé, ma che non è nulla se si pensa al potenziale interesse collettivo rappresentato dall’esperienza di questa conservatoria spontanea, cui tributo il mio applauso. Se dovessi attribuire un rating al vino, come faccio di solito, si collocherebbe intorno agli ottanta centesimi, ma, come ho detto, l’aspetto organolettico non è quello che conta di più.

Vin de France Ceci N’Est Pas Un Vin, Conservatoire des Vignes Anciennes Karine et Cyril Alonso