Non è vero che sono scomparsi i vini da 80 punti

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Se si guardando i punteggi assegnati dalle varie guide e testate di settore, i vini sotto i 90 centesimi di valutazione sembrano quasi scomparsi, e vi è anzi una concentrazione all’incirca nella fascia tra i 90 e i 93 punti, che sino a un decennio fa era vista come il traguardo di eccellenza cui mirare, soprattutto per approdare ai ricchi mercati anglosassoni e asiatici. Sull’argomento ha scritto un dettagliatissimo post David Morrison sul suo blog The Wine Gourd, che si occupa di dati relativi al vino.

In realtà, di vini buoni ce ne sono sempre di più, in giro per il mondo, e dunque ci sta che i rating alti siano cresciuti, ma i vini sotto gli 80-85 punti (e anche ben più bassi) sono tutt’altro che scomparsi. Ci sono e sono tanti. Non se ne parla, o se ne parla pochissimo, semplicemente perché, in genere, non vale la pena perdere tempo per scriverne, stante il numero sempre più alto di vini per i quali, al contrario, vale la pena scrivere e invece gli spazi sempre più ridotti a disposizione per scrivere professionalmente di vino.

Prendiamo il mio The Internet Gourmet. Se posso – e posso – evito di pubblicare lunghe liste di vini con correlati punteggi. Non credo che siano molto utili. Così, se partecipo a una degustazione di vini di un certo territorio o di una certa annata, mi limito a parlare dei cinque o dieci migliori, se possibile addirittura con singoli pezzi dedicati a singoli vini. Il mio obiettivo, infatti, non è quello di stilare classifiche, giocoforza soggettive, bensì di suggerire a chi mi legge il possibile acquisto di un vino per il proprio personale piacere, avendo come parametro il mio piacere. Ritengo infatti che la valutazione di un vino risponda sempre e comunque a parametri soggettivi. Il che è implicito nella stessa natura umana. Non siamo macchine, siamo persone che si correlano alla vita con la propria esperienza, con la propria cultura, con il proprio carattere e con i propri sentimenti. Basta un minimo scarto di uno dei quattro pilastri e tutto cambia.

Resta il fatto che se dovessi pubblicare i punteggi assegnati a tutti i vini assaggiati, una parte molto ampia ricadrebbe nella fascia tra i 78 e gli 84 centesimi, che sta a significare che si tratta di vini sostanzialmente ben fatti, di cui magari non disdegnerei un bicchiere, se capitasse, ma che non sono in grado di destarmi particolare piacere, per cui non mi va di caldeggiarne l’acquisto. Dovrei pubblicare le recensioni anche di questi vini? Dipende dai punti di vista. Chi ha come obiettivo quello di compilare delle statistiche, li pubblica. Io mi sono dato come obiettivo di pubblicare “un blog sul vino e sugli altri piaceri della vita” (in testata di The Internet Gourmet è scritto proprio così), e dunque il “piacere” (gustativo e culturale) costituisce il focus del giornale. Se un vino non è in grado di suscitarmi particolare piacere (organolettico o intellettuale), allora non ci investo tempo e spazio per scriverne.

La conseguenza è che se The Internet Gourmet venisse preso come parametro per valutare la media dei punteggi attribuiti ai vini, l’impressione che se ne avrebbe è che esistano solo vini dal punteggio alto. Ma la statistica non terrebbe conto della scelta editoriale, che è quella, appunto, di scrivere esclusivamente di vini che sollecitano un particolare piacere, e che quindi ricevono anche un punteggio elevato, essendo lo stesso correlato alla piacevolezza, che ripeto essere fisica o concettuale. Se non si ha contezza della linea editoriale della testata di riferimento, fare delle analisi sui punteggi medi assegnati ai vini rischia di restituire un dato falsato, ma le statistiche dovrebbero puntare all’oggettività e pertanto andrebbero in qualche modo corrette pensando anche ai parametri sottostanti all’attribuzione di una data valutazione.

Ciò detto, resta la domanda chiave, ossia se sia ancora utile dare un punteggio ai vini e se non sia invece il caso di affidarsi alla sola narrazione. Io credo che la narrazione da sola non sia sufficiente, per il lettore, a farsi un’idea se il vino sia da acquistare o meno. Ho letto recensioni molto scarne riferite a vini cui è stato attribuito un punteggio piuttosto alto dal recensore e testi strutturatissimi per vini che poi hanno avuto un rating mediocre. Ritengo che un sano mix dei due elementi sia tuttora molto utile. Su un certo vino, posso anche scrivere un trattato, perché magari ci sono elementi di narrazione interessante, ma se poi quel tal vino non mi ha fatto scoccare la scintilla, allora non gli assegno un punteggio elevato. Insomma, recensisco i vini che mi sono piaciuti. Con il testo spiego “perché” mi sono piaciuti, con il punteggio spiego “quanto” mi sono piaciuti.

Se invece il quanto fosse riferito alla struttura del vino, come purtroppo tuttora spesso accade per un retaggio degli anni Ottanta e Novanta e per delle schede di degustazione del tutto anacronistiche, allora il punteggio sarebbe assolutamente inutile, se non addirittura fuorviante. Fuorviante, intendo, in due sensi, perché penalizza i vini espressivi ma “leggeri” ed enfatizza i vini inespressivi ma “pesanti”. Un’assurdità.

Comunque, tornando al tema iniziale, ripeto che sì, i vini che ottengono tra i 60 e gli 80 centesimi di valutazione ci sono tuttora, e sono moltissimi. Solo che non se ne parla.


2 comments

  1. Claudio Calvello

    Assolutamente d’accordo e complimenti per il Suo blog di cui non perdo mai un articolo!

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie mille!

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