Lo spettro dei tannini verdi

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Ho capito che certi produttori di vino vorrebbero farmi smettere di bere. Sono quelli che, di fronte alla crisi climatica, che spinge in alto il livello alcolico dei vini, pretendono di contenere il problema raccogliendo le uve in anticipo, col risultato di fare vini dai tannini verdi, che allappano il palato e fanno storcere la bocca. I tannini verdi li trovo insopportabili. Sono scorbutici, con quel loro sapere di vinacciolo immaturo. Avete presente quando mordete il semino di un acino di uva da tavola non del tutto matura? Ecco, quella cosa lì. Piuttosto di bere dei vini del genere, evito di bere vino.

La deriva aveva preso il via con i rosé modaioli, quelli che pretendevano di imitare i provenzali. In mezz’Italia ci si è messi a fare rosatelli insulsi con le uve dei vigneti da rosso raccolte prima del tempo. Risultato: vini dai tannini sgarbati, crudi e amarognoli. Alcuni, per cercare di mascherare il problema, hanno tenuto alti gli zuccheri, aggiungendo problema a problema, cosicché la gente si è stufata in fretta dei rosati. A farci del male, in Italia siamo bravissimi. Adesso sono arrivati i vini rossi dai tannini verdi. Ne sto trovando sempre di più, soprattutto in quelle zone dove ormai i quattordici e passa gradi alcol sono diventati una norma. Per provare a star sotto quei livelli alcolici, si vendemmia prima, ottenendo dei rossi sgraziati. Lo fanno perfino alcune cantine di nome. A me non piacciono i vinoni rossi, e men che meno, però, i vinetti verdi. Capisco l’ansia dei cantinieri di fronte all’evidenza che se la gente sta rifiutando i rossi dall’alcol troppo elevato, bisogno dargli qualcosa di meno alcolico, ma la soluzione non è raccogliere uve che abbiano ancora i raspi e i vinaccioli verdi.

Non sono un agronomo, ma mi pare comunque evidente che la cosa più urgente e necessaria da fare sia quella di ripensare la viticoltura. I vigneti piantati negli ultimi trent’anni sono stati pensati per avere poca uva molto concentrata, convinti com’erano molti che i vinoni scuri, tannici e corposi avrebbero dominato per l’eternità. Invece il vento è cambiato, e quei vigneti non funzionano più. Prima di pensare a chissà quali artifici di cantina, va rivisto il modo di fare agricoltura. Soprattutto stavolta, prima degli enologi, servono gli agronomi, e servono agronomi coraggiosi, che cambino le prospettive della viticoltura, e occorrono vignaioli che abbiano il coraggio di ascoltare gli agronomi innovatori. Altrimenti che cosa lo dite a fare che il vino si fa in vigna?