Polpa di pesca

pesche_300

Una volta ero polpa di pesca, succosa e profumata.
Abbracciavo compatta il mio nocciolo e guardavo il sole attraverso il velluto che mi avvolgeva.
Non c’erano ammaccature, né scalfitture, ero perfetta.
I primi colpi arrivarono ancora acerba, erano di striscio e non lasciarono tracce esteriori, ma sotto la buccia i primi segni.
Più avanti ci fu il grande taglio, netto e profondo, da mano autorevole. Mentre la guardavo avvicinarsi ero certa mi avrebbe risparmiata, sbagliavo.
Già da quel taglio cominciai a perdere freschezza, quando, ancor prima della piena maturità, arrivò improvvisa la sbucciatura.
Il velluto fino allora attaccato, fu strappato malamente da quel che di me s’era ancora conservato.
All’aria e alla luce persi succo e dolcezza, niente fu più come prima e non ci fu via di ritorno.
Di me poca cosa. Il nocciolo ormai nudo, ruvido e legnoso, stava lì senza uno scopo.
Era immangiabile, destinato a marcire, ma una forza lo ruppe e diede luce al suo cuore.
Madre natura sa quando intervenire.
Il piccolo seme custodito in quel cuore uscì, le stagioni faranno il resto.


1 comment

  1. ambra

    non avrei saputo scegliere il frutto ma, grazie, mi va bene la pesca

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