In una degustazione che comprenda vini bianchi e vini rossi, “quasi sempre si deve partire con i rossi, perché i bianchi hanno un’aromaticità nettamente superiore, e quindi se cominciassi dai bianchi avresti sempre in bocca delle deviazioni”.
Il virgolettato è di Christian Roger, che è uomo della finanza e anche wine consultant, cosicché mette a fattor comune le capacità finanziarie con quelle di esperto del vino. Gli ho sentito pronunciare quell’affermazione sulla sequenza rosso-bianco durante la presentazione dei due nuovi vini, un bianco e un rosso, della cantina La Collina dei Ciliegi, di cui è vicepresidente (e infatti ha fatto assaggiare prima il Prea Rosso e dopo il Prea Bianca). Ha ragione.
Per conto mio, non mi sono mai fatto grandi problemi ad assaggiare i bianchi dopo i rossi. Ma non avevo mai pensato che la questione fosse legata ai profumi più intensi che hanno i bianchi rispetto ai rossi. Pensavo più a una questione di acidità. I bianchi sono spesso molto più acidi dei rossi, e alcune volte non mi va proprio di assaggiare i rossi avendo la bocca intrisa delle acidità dei bianchi, perché me ne deriverebbe una sensazione sgradita, metallica, da chiodo d’acciaio. Ora ho aggiunto il parere, autorevole, di Roger, e dunque di motivi ne ho due.
Vale una regola analoga tra vini rossi e vini rosa. Consiglio sempre di assaggiare i vini rosa dopo i vini rossi. Anche in tal caso, pensavo alle acidità, ma adesso ho capito che ci sono di mezzo anche le aromaticità del frutto. In particolare, molte volte ho fatto assaggiare a dei colleghi stranieri il Chiaretto di Bardolino dopo l’Amarone della Valpolicella. Le uve sono, fondamentalmente, le stesse; le tecniche di produzione e le caratteristiche tattili dei due vini sono diverse. Bevuto dopo, il Chiaretto, anziché soccombere, ha il potere di cancellare dal palato ogni traccia dell’Amarone, per via della freschezza e della sapidità ben maggiore che possiede. Se si facesse il contrario, l’Amarone rischierebbe di risultare deviato dalle acidità del Chiaretto. Mi pare anche un buon metodo per capire che il vino rosa ha una sua particolare e a volte grandissima dignità. Soprattutto, è un modo per comprendere che le convenzioni possono sì essere utili, ma non sono dei dogmi inscalfibili. Dunque, non ci si deve assoggettare in maniera acritica, stante che, a volte, nemmeno funzionano.


