Prosecco e Champagne si sono spartiti il mondo

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Sicuramente non si è trattato di un piano preordinato, ma non importa: la realtà è che Prosecco e Champagne si sono spartiti il mercato del vino, e lo dominano con strategie che sembrano antitetiche e invece sono complementari. Il Prosecco cresce per volumi e per quote di mercato; lo Champagne ha abbondanto le fasce di prezzo più popolari e si è riposizionato in alto. Ne deriva che, insieme, Prosecco e Champagne dominano in lungo e in largo il mercato delle bollicine in tutto il mondo, e contemporaneamente, con i consumi di vino che calano, si mangiano fette di fatturato di altri vini, soprattutto i rossi, che stanno arretrando vistosamente ovunque.

Per capire il senso del ragionamento bisogna osservare numeri e tendenze.

Nel 2022 la galassia Prosecco ha venduto intorno agli 800 milioni di bottiglie, una cinquantina di milioni in più dell’anno prima. Secondo le dinamiche rese note da Valoritalia (è la società che certifica tutte e tre le denominazioni prosecchiste), nel 2022 gli imbottigliamenti del Prosecco Doc hanno segnato il +2%, mentre il Conegliano Valdobbiadene Prosecco ha perso qualcosa (-7%) e il più piccolo dei tre, l’Asolo Prosecco, da quanto so dovrebbe aver chiuso l’anno con un incremento a doppia cifra. La settimana scorsa dicevo che nella gdo italiana il Prosecco è calato del -7,4%. Come si spiega, allora, che il dato complessivo cresca? Semplice: gli aumenti delle vendite sono in giro per il mondo. Il Prosecco è un fenomeno globale. I prezzi? Se guardo alla gdo italiana, il prezzo medio a bottiglia è intorno ai 5,20 euro (il Conegliano Valdobbiadene nel suo Rapporto economico dichiara 6,27 euro medi a bottiglia nel primi dieci mesi del 2022).

Invece lo Champagne l’anno scorso ha venduto 326 milioni di bottiglie, in crescita solo dell’1,6% rispetto al 2021 e ancora al di sotto del record dei 338 milioni del 2007. Anche in questo caso, a dar soddisfazioni è l’export, mentre in casa le bollicine champagnotte faticano (-1,7% rispetto al 2021), tant’è che in un decennio la quota dei consumi francesi sulle vendite totali dello Champagne è passata dal 57% al 45%. Ma tutto questo riguarda solo i volumi. Dal lato del fatturato, i produttori di Champagne hanno il sorriso stampato sulla faccia: nel 2022 il giro d’affari ha superato la soglia dei 6 miliardi di euro (il fatturato era a 5,7 miliardi l’anno prima). Significa che, mediamente, una bottiglia di Champagne vale almeno 18,50 euro (nella gdo italiana vale molto di più, mediamente 34,20 euro a bottiglia).

Lo Champagne, come ho detto, muove 6 miliardi di fatturato. Il Prosecco, coi volumi raggiunti, si posiziona tra i 4 e i 5 miliardi. Il divario, nonostante la corsa in alto dei prezzi dello Champagne, si sta progressivamente colmando. Questo perché le strategie divergono, ma i risultati premiano: il Prosecco è alla continua conquista di vendite e di quote di mercato nella fascia popolare del mondo degli spumanti; lo Champagne sta progressivamente abbandonando la fascia a prezzo inferiore e spinge sempre più in su i propri prezzi. Una complementarietà perfetta, dove uno aiuta l’altro ed entrambi crescono a discapito degli altri vini. Il risultato è quello che dicevo all’inizio: insieme, Prosecco e Champagne stanno monopolizzando il mercato, mettendo in crisi molti altri vini (tranne quasi solo le griffe). I viticoltori dell’una e dell’altra denominazione si sfregano le mani: il valore della produzione lorda vendibile di un ettaro di vigne dello Champagne è tra i più alti in assoluto della Francia; il valore della produzione lorda vendibile di un ettaro di vigne del Prosecco è tra i più alti in assoluto dell’Italia (voi li vorreste 25 mila euro a ettaro per le sole uve? io sì, eccome se li vorrei, ed è quel che incassa un produttore di glera da Prosecco). Quanto al consumatore, se vuol bere una bottiglia di spumante, ormai finisce inevitabilmente a confrontarsi con l’uno o con l’altro, Prosecco o Champagne. Se vuole spendere meno, è Prosecco; se ha maggiori disponibilità economiche, opta per lo Champagne. Idem se si guardando alle scelte per il consumo giornaliero (Prosecco) o per le grandi occasioni (Champagne). In mezzo c’è poco spazio.

Se champagnisti e prosecchisti si fossero messi d’accordo, saremmo di fronte a un marchingegno perfetto ideato a tavolino. Un marchingegno capace di stritolare chicchessia. Io non credo proprio che ci sia stata un’intesa formale, ma il dominio del mondo del vino sta accadendo davvero.