Ho appena frequentato un corso di lavorazione dell’argilla, ma quello che ho portato a casa, dopo tre giorni di lavoro, è stato molto più di un soprammobile raku fatto con le mie mani.
È impressionante quello che l’argilla tira fuori da te, non sei tu a comandare il gioco, tu credi di esserlo ma non lo sei.
Mi è stato dato un blocco da plasmare e poche ma precise istruzioni.
L’ho toccato, soppesato e ho pensato che non avrei mai avuto la forza per affondarci le dita .
Invece, piano piano, inconsapevolmente, la forza è uscita, come risposta ad una chiamata.
I passaggi sono stati graduali e uguali per tutti i partecipanti al corso.
Prima la creazione di una base, poi la verticalità e infine il movimento, l’apertura.
Dieci persone con le stesse consegne, dieci risultati sorprendentemente diversi.
Una torre medievale, una corteccia piegata dal vento, una rosa con pistillo e il mio “sacro graal”, come l’ha soprannominato mio marito quando l’ho portato a casa.
Come coppa è oggettivamente incontinente, ma qualcosa di sacro ce l’ha: la vita.
La vita che ho vissuto fino ad ora, la persona che sono e che quell’oggetto nelle sue forme riassume benissimo,
Non ho ancora abbastanza confidenza con voi per dire di più, ma vi invito a provare quest’esperienza se ne avrete l’occasione, resterete stupefatti e arricchiti.