La rivincita del 2018 e la supremazia della classicità

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Un anno fa, nel novembre del 2022, quando venne presentata in anteprima, l’annata 2018 del Brunello di Montalcino venne accolta con una certa freddezza da ampia parte della critica. Un anno dopo, nel novembre del 2023, un Brunello di Montalcino del 2018 è il vino numero uno al mondo secondo la top 100 di Wine Spectator, che magari non conterà più come un decennio fa, ma resta senza dubbio un punto di riferimento fondamentale per i negozianti e i collezionisti.

Sempre un anno fa, nel novembre del 2022, quando uscì la top 100 di Wine Spectator, scrissi che a mio avviso si intravedeva una svolta della critica internazionale verso lo stile della classicità. Fui contestato, anche abbastanza duramente, da alcuni, ma la nuova classifica appena uscita, nel novembre del 2023, conferma la mia tesi. La tendenza in atto è verso i vini d’impostazione classica, un po’ meno concentrati e un po’ più freschi. Del resto, secondo il Consorzio di tutela del Brunello di Montalcino, la 2018 fu una “annata classica ed elegante”.

Dunque, invito a riscoprire e rivalutare i vini rossi italiani del 2018, che furono penalizzati più o meno tutti dalle critiche destinate al Brunello di quell’anno. La conseguenza fu un abbassamento quasi generalizzato delle valutazioni dei rossi di quell’annata prodotti in Italia. Il raffreddamento dei giudizi risentiva proprio dell’impostazione classicheggiante dei vini di quel millesimo, molto diversi da quelli cui ci avevano e ci hanno abituati le stagioni calde del cambiamento climatico. Vennero impropriamente ritenuti “deboli”, perché chi parla con tono delicato viene giudicato debole in un mondo che grida costatemente.

A me i 2018 sono sempre piaciuti e mi piacciono sempre di più; ne ho acquistati per metterli in cantina, sicuro di un’evoluzione positiva, stante la loro maggiore freschezza e il minor corpo. Comprateli, nelle zone più vocate, e avrete vini che vi daranno soddisfazione a lungo. Alla lunga, la classicità vince sempre sulla potenza.