Giovanetto, il picotener e i vini canavesani

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A Settimo Vittone, nell’estremo nord del Piemonte, quasi al confine con la Valle d’Aosta, mi ci fermai un paio di anni fa andando a Carema e mi meravigliò piacevolmente vedere in via di recupero alcuni minimi poderi strappati alla roccia alpina a forza di minuscoli terrazzamenti, intercalati da quei sostegni di pietra che appartengono alle pratiche medievali. Nella frazione di Montestrutto di Settimo Vittone hanno piccole vigne da generazioni le famiglie Giovanetto e Ferragatti. Due ettari in tutto, forse nemmeno, tra i trecento e i trecentocinquanta metri di altitudine. “Il mio principale obiettivo – dice Adriano Giovanetto, geologo di professione che si è messo a far vino nel 2004 – è la coltivazione del nebbiolo picotener, come da antica tradizione. Le piante giovani sono messe a dimora a mano con la vanga come un tempo, indirizzando le radici dove c’è più terra“.

Rese bassissime, poche bottiglie. “Non è una semplice attività economica – sottolinea Giovanetto -, ma un modo per tutelare e proseguire una tradizione secolare. È così che intendiamo la viticoltura di montagna, come una vera missione, mossa dal dovere morale di mantenere in vita quanto creato con enorme sacrificio da chi ci ha preceduto”. A chi non sia mai stato da quelle parti, potranno anche sembrare parole di circostanza. Non lo sono, né le sue, né quelle di molti altri vignaioli della zona. Nel Canavese è in corso uno dei più entusiasmanti recuperi identitari cui io abbia mai assistito nell’Italia del vino. Talmente contagioso da farti innamorare di quei posti e di quelle vigne. Insomma, verrebbe voglia di comprarsene un pezzetto. I vini che se ne traggono, oltretutto, spesse volte sono molto buoni. Quelli dell’azienda agricola Giovanetto, nello specifico, li ho potuti assaggiare qualche mese fa nel corso di un’iniziativa assunta dai Giovani Vignaioli Canavesani, e mi hanno sbalordito. È stata una bella scoperta.

Canavese Rosso Sogno d’an Piola 2018 Giovanetto. Nebbiolo, neretto e vernassa dal picul rus, queste le varietà. Cristallino nella tonalità rubino, è succoso, dinamico, asprigno, floreale. “Lo facciamo come lo faceva lo zio Tonino” mi hanno detto. Non so chi fosse zio Tonino, ma benedetto lui che ha tracciato la via. Costa intorno ai 15 euro. (88/100)

Canavese Nebbiolo 2017 Giovanetto. Che sia nebbiolo lo riconosci immediatamente dal colore e dai profumi, già mentre lo si versa; non serve neppure avvicinarlo al naso. Passa per un anno in tonneaux, ma il legno è appena un vaghissimo ricordo, perché ad esplodere al palato è la bacca acidula, che sembra appena strappata al bosco. Vibrante di acidità, trasuda spirito montanaro. Il prezzo è di 22 euro. (90/100)