Cesconi presidente Fivi, il Trentino diventa laboratorio

lorenzo_cesconi_500jpg

Nello stesso giorno, il 9 marzo, mi sono arrivate due notizie che sembrano avere lo stesso segno e riguardano idealmente il futuro del vino trentino e forse pongono le basi potenziali per un suo rinnovamento identitario. La mattina, un collega trentino, Tiziano Bianchi, mi ha informato dell’uscita di un volume, a cura sua e di Angelo Rossi, dedicato alla persona e all’opera di Nèreo Cavazzani, figura “storica” del mondo cooperativo e stratega in parte incompreso della trentinità vinicola possibile. Il pomeriggio, invece, un comunicato stampa ha annunciato l’elezione di Lorenzo Cesconi, che fa vino a Pressano, poco discosto dal Garda Trentino, alla presidenza della Fivi, la Federazione italiana dei vignaioli indipendenti.

Nella sua esperienza professionale e anche dopo, Cavazzani cercò di delineare le forme di una possibile convivenza fra la potente cooperazione trentina e il mondo dei vignaioli, provando a individuare le modalità di conciliare da un lato le esigenze della costituzione di una massa critica competitiva, ruotante attorno al binomio pinot grigio e chardonnay, e dall’altro l’assoluta necessità di preservare e valorizzare l’imprinting autoctono – in Trentino ci sono uve locali splendide, ma neglette, come il marzemino, il teroldego o la nosiola – e le prerogative della territorialità, per la quale tracciò le linee guida di una sorta di zonazione ante litteram. Una riflessione asettica, distaccata, super partes riguardo queste idee può generare l’ossatura o almeno la piattaforma di una progettualità che proietti il Trentino vinicolo verso i prossimi decenni.

Cesconi era già vicepresidente della Fivi, e garantisce quindi una continuità ideale con la presidenza di Matilde Poggi e, prima, di Costantino Charrère. Ma credo che l’elemento che potrebbe caratterizzare in maniera distintiva la sua conduzione sia costituito dalla possibilità di mettere a frutto la lunga esperienza maturata alla guida del Consorzio dei Vignaioli del Trentino, e dunque nel conoscere nel dettaglio più minuto la complessità esperienziale della realtà cooperativa e di quella – se mi si permette la definizione – più artigianale, le differenti istanze, insomma, di chi ha una focalizzazione mirata ai numeri e al marketing e di chi ha invece si concentra più marcatamente sulla personalità interpretativa e sull’appartenenza ai microcosmi territoriali. Il portare, ora, quest’esperienza ai tavoli istituzionali può essere in grado di controbilanciare le forze in campo in Trentino, facendo della provincia trentina – se si intaurasse un dialogo profittevole – un possibile laboratorio di sperimentazione di nuovi e virtuosi equilibri per l’intero settore vinicolo nazionale.

In ogni caso, a Lorenzo Cesconi rivolgo i migliori auguri di buon lavoro, nell’interesse dei vignaioli indipendenti e anche di tutta la comunità del vino italiano.