Vinitaly è la partita della vita per le fiere del vino

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E così si entra nella settimana che porta a Vinitaly. Il croupier dei destini fieristici scandirà il suo les jeux sont faits, rien ne va plus e la pallina girerà verso la mèta, tagliando la tensione dei giocatori. Questa volta si fa sul serio, e dopo due anni di rinvii e un’edizione test in autunno (Special Edition la chiamarono, lo scorso ottore), Vinitaly gioca d’anticipo, perché il suo competitor diretto, il Prowein, ha cambiato le carte in tavola, spostandosi da fine marzo a metà maggio, con tutti i problemi che ne sono derivati per gli operatori. A Verona la fiera è dal 10 al 13 aprile. Un mese prima.

Dunque, signori, eccoci qui: in un mese si gioca la partita del futuro dei sistemi fieristici nell’universo vino. Attenzione, non è sul piatto la sopravvivenza o la supremazia di una singola fiera, bensì il fatto che le fiere del vino abbiano o meno un ruolo da recitare negli anni che verranno. Vero che c’è già stato qualche evento di gittata significativa, dal Mercato dei Vini della Fivi a Wine Paris Vinexpo Paris fino alla Slow Wine Fair, e che l’adesione del mondo produttivo è stata alta in tutte e tre queste manifestazioni, ma due rassegne su tre sono dedicate soprattutto agli appassionati (o ai piccoli operatori) e l’altra raccoglie interesse soprattutto per la presenza transalpina, “di casa”.

Le due grosse occasioni di business sono quelle di Verona e Düsseldorf. E Verona, da ottobre scorso, si è fatta attentissima a trasformarsi in una reale rassegna B2B, buttando il cuore oltre l’ostacolo per colmate la lacuna che le si rinfacciava. Tant’è che, commentando Vinitaly Special Edition scrissi che  la manifestazione ottobrina poteva “offrire a Veronafiere indicazioni utili per intraprendere finalmente quella riforma di Vinitaly che tutti chiediamo. Una riforma che sia orientata a riportare il business al centro dell’evento”. Ebbene, chi in questi giorni ha provato ad accreditarsi all’edizione 2022 di Vinitaly sa quanto sia diventato selettivo lo screening. Insomma, stavolta il confronto Italia-Germania si giocherà alla pari, sia pure con una proiezione più domestica a Verona e come sempre più internazionale in Germania.

Il rischio che corrono entrambe le fiere è quello della tempistica. Troppo presto Vinitaly e troppo tardi il Prowein? Mi pare un po’ prestino per poter davvero sperare di avere grossi operatori americani e asiatici a Verona, perché il Covid non molla la presa in termini di numerosità delle casistiche e la guerra in Ucraina non aiuta di certo. Ma metà maggio non sarà troppo tardi per fare affari lassù in Germania? Mi domando chi andrà a Düsseldorf a parlare di contratti quando i listini sono già chiusi e le vere grandi preoccupazioni, semmai, sono due: la possibilità di assorbire o meno sul prezzo del vino i rincari spaventosi delle materie prime e la fatica tremenda che si fa a trovare il “secco” (vetro, gabbiette da spumante, etichette, cartoni) e dunque a rispettare i tempi di consegna e distribuzione, il che non sembra deporre a favore di chi ha procrastinato la fiera, ossia i tedeschi. Se ci fossero le vecchie schedine della Sisal, in questa partita italo-tedesca stavolta giocherei il tris, uno-ics-due. Può finire in tutte le maniere. Soprattutto, però, dopo due anni che si è venduto il vino senza le fiere, queste, le fiere, saranno in grado di dimostrarsi nuovamente indispensabili per il vino? Perché se non lo faranno, sarà la loro stessa sopravvivenza ad essere messa in dubbio.

I numeri, per ora, sembrano dare ragione alle fiere, eccome. Vinitaly ha annunciato la presenza di 4.400 aziende espositrici e di settecento buyer provenienti cinquanta paesi. Numeri impressionanti. Cifre alla mano, ha ragione il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, a sostenere che “Vinitaly ritorna alla sua collocazione originale, con un quadro espositivo che lo riporta idealmente alle edizioni pre-pandemia”. A dire il vero, anche Prowein sarà affollata di espositori, ma – ammettiamolo – sotto il lato dell’affollamento la partita, in entrambi i casi, è un po’ “truccata”, perché se non vai a questa edizione delle fiere rischi di perdere il posto pro futuro e anche i quattrini che hai versato per l’edizione, mai svoltasi, del 2020. La sfida, per le fiere, è dimostrarsi vincenti stavolta per avere clientela il prossimo anno. Una sfida tremenda, nelle condizioni attuali.

Ma c’è un altro indicatore, empirico ma sostanziale, che è a livello pre-Covid e che depone a favore di Veronafiere: è il numero dei comunicati stampa a soggetto Vinitaly che inondano la posta elettronica dei giornalisti di settore. La mia casella email ne è strapiena. Ovviamente riesco a leggerne solo una minima parte. Non solo. Fino ancora a una settimana fa, non c’era quasi traccia di annunci di eventi aziendali o consortili “fuori fiera”, mentre adesso fioccano inviti in continuazione. Insomma, è del tutto evidente che la macchina della promozione si è rimessa in gioco come prima e forse più di prima. Produttori, consorzi e associazioni hanno messo mano al portafogli e il Vinitaly lo fanno “davvero”. L’unica cosa che non capisco è che ci sia chi si intestardisce a proporre appuntamenti tipicamente consumer dentro i padiglioni di Veronafiere. Se Vinitaly – come mi pare – ha davvero cambiato volto, si tratta di tempo e di soldi sprecati, ritualità che appartengono al passato. Se funzioneranno, vorrà dire che le maglie dei controlli si saranno dimostrate meno strette di quanto potesse apparire. Io credo che non funzioneranno, e se non funzioneranno vorrà dire che Vinitaly e Veronafiere avranno vinto la loro prima sfida, quella del rinnovamento verso la dimensione business. L’esito della seconda sfida, quella a distanza coi tedeschi, lo conosceremo prima ancora che a Düsseldorf aprano i portoni della fiera, e consisterà nell’esito delle contrattazione che si faranno nei padiglioni veronesi. Quello lo vedremo subito. Basterà leggere i volti degli espositori a fine fiera. A ottobre, a Verona, chi c’era mi pare sia uscito più contento di quanto si fosse aspettato.

 

Photo credit Foto Ennevi-Veronafiere