Le tifoserie del calcio, le tifoserie del vino

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Questa cosa del calcio io non l’ho mai capita bene. Intendo le tifoserie. Chi vive in funzione della partita e della propria squadra al punto che parla di “fede”. La “fede” calcistica, la “fedeltà” alla maglia, l’odio per l’avversario. Odio, sì, odio, al punto da scazzottarsi o anche peggio. Lo confesso, sono agnostico. Ogni tanto mi piace guardare un pezzo di partita alla tv, un quarto d’ora, e ammiro il tocco geniale, l’azione di gioco intelligente. Poi le urla esagitate mi annoiano e cambio canale.

Figurarsi, dunque, se capisco le tifoserie del vino. Ci sono anche quelle e qualche volta sono intolleranti come quelle del pallone, magari di più. Così, giù col denigrare il “nemico”. I paladini del vino “naturale” che disprezzano i bevitori di vino “kimiko” (scrivono proprio così, con le kappa), gli antagonisti che a loro volta osteggiano il vino “naturale” perché “puzza” (questa è la motivazione più gettonata), i bioqualcosa che danno dell’avvelenatore a chi utilizza prodotti fitosanitari, i convenzionali che affermano che il rame inquina perfino di più.Lo confesso, sono agnostico, anche qui.

A me piace concentrarmi sul vino. Ce n’è che mi piace, ce n’è che non mi piace. Il vino che mi piace lo bevo, quello che non mi piace lo butto nel lavandino. Alcuni dei vini più buoni che ho bevuto in vita mia vengono dal mondo del “naturale”, alcuni altri vengono dall’enologia “convenzionale”, alcuni sono fatti da piccoli vignaioli, altri sono frutto della ricerca di commercianti avveduti o dall’attenzione di realtà cooperative. Non appartengo a nessuna “fede” vinicola. Niente tifoserie, niente, club, niente clan, niente di niente. Forse sono un asociale o un disadattato. Probabilmente non capisco granché di vino, però i vini che mi piacciono me li godo e sono contento così e mi basta.