La gelata, i francesi forniscono cifre, noi minimizziamo

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Nei giorni scorsi ho pubblicato varie notizie relative alla stima dei danni delle gelate d’aprile in numerosi territori vinicoli della Francia. Ho detto per esempio che in Champagne i danni vanno in media dal 20 al 25%, oppure che più del 70% dei vigneti di Saint-Émilion e dei suoi satelliti, di Lalande de Pomerol e di Castillon sono stati colpiti nella prima notte di gelo. Che le perdite nel Jura vanno dal 40 al 50%. Che le nella Languedoc sono stati devastati 20 mila ettari e ancora brutte, bruttissime notizie provenienti da altre regioni. Insomma, numeri, cifre, anche se la conta dei danni è ovviamente provvisoria. Il tutto ripreso da giornali francesi che hanno fatto riferimento alle valutazioni dei vari comitati interprofessionali o di altri organismi che sovrintendono al mondo del vino transalpino.

Da noi, la percezione del disastro la si è avuta quasi solo dalle foto e dalle cronache diffuse sui social dai vignaioli di tutt’Italia. Le fonti ufficiali non parlano o se lo fanno, questo avviene con grandi ritrosie. Ho letto per esempio il comunicato del consorzio di tutela di un’importante denominazione italiana. Non cito il consorzio perché il mio obiettivo non è dire se ha fatto bene o male (e per favore non andate a cercarlo su Google, non è lì che voglio andare a parare). Il mio obiettivo, invece, è solo quello di illustrare la differenza di stile fra noi e i francesi. Che è notevole.

Ebbene, quel consorzio italiano ha scritto così: “Oggi, a distanza di una settimana, siamo in grado di quantificare la portata dell’evento. Le gelate per fortuna non hanno interessato vaste aree di vigneti, i danni sono riconducibili a zone molto circoscritte e in alcuni casi hanno interessano solo pochi filari. La stagione è ancora agli inizi, e confinando in un buon andamento climatico, non si esclude la possibilità che alcuni vigneti possano recuperare parte del danno, specialmente su alcune varietà più fertili. Riteniamo pertanto che non ci siano elementi per creare allarmismi e che possano far presagire delle drastiche riduzioni sulla produzione dell’annata in corso”.

Insomma, in Italia si va a “quantificare la portata dell’evento”, ma cifre non se ne forniscono. In Francia le prime stime, con tanto di dati, sono state diffuse già nel pomeriggio del giorno successivo alla prima gelata. Mi pare evidente che ci sia una qualche differenza tra l’Italia e la Francia del vino. Loro fanno trasparenza, noi minimizziamo.

Lo capite adesso perché noi facciamo più vino di loro, ma loro lo vendono mediamente a prezzi più cari dei nostri? È una questione culturale. Che ha un prezzo. Anzi, che incide sul prezzo.


4 comments

  1. Maurizio Gily

    Non sono molto d’accordo. Dove ci sono stati forti danni mi pare che i consorzi e le rappresentanze ufficiali dei produttori abbiano scelto un profilo basso, lasciando parlare i vignaioli. Anche perchè quantificare i danni a questo stadio non è così semplice, soprattutto dove il gelo ha colpito in modo irregolare. E’ una strategia diversa da quella francese, ma non è propriamente minimizzare. Dove i danni sono stati limitati, come nel Barolo, che tu non citi ma io sì, lo si è detto perchè di fatto è così, posso affermarlo avendo girato la zona in lungo e in largo. In Francia complessivamente i danni sono stati molto maggiori che in Italia, il che è piuttosto normale, per motivi geografici.
    Aggiungo l’ipotesi di una certa furbizia da entrambe le parti. Per vini come Prosecco e Pinot grigio pare importante rassicurare il mercato sulla disponibilità di prodotto, essendo vini che “tirano”. Per il sud ovest della Francia, che produce in gran parte vini sfusi ed è, salvo alcuni marchi, una zona fortemente in crisi, (già, italiani in forma e francesi che soffrono, questa è la realtà dei fatti su vini di grande produzione, non sui grands crus) una comunicazione di crisi può essere anche una pretattica per giustificare un aumento dei prezzi.

  2. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    In primo luogo, i vignaioli non sono in grado di dichiarare le “rivendiche” generali della vendemmia: mi parrebbe interessante conoscere le stime ufficiali delle perdite per poi confrontarle con le dichiarazioni vendemmiali, ufficiali anch’esse: non è che si scoprirebbe che le vigne si sono miracolosamente riprese? In secondo luogo, la tua ipotesi sulla “furbata” della zona meridionale francese starebbe in piedi se non fosse che pressoché tutta la Francia ha fornito dati, inclusi Bordeaux e Champagne. Mi pare che si tratti di un atteggiamento generalizzato, e quindi di un fatto culturale. Da noi e da loro.

  3. Paolo

    Sacrosanto concetto. E aggiungo no comment

  4. Gian Maria Vercesi

    Le due culture, della qualità e della quantità. Visto che la calamita’ naturale è difficile che possa quantitativamente essere applicata, meglio minimizzare per “compensare”….

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