Ecco la novità, i vini temporanei di Andrea Moser

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Uno dei miei sogni irrealizzati è fare l’affinatore di vini. Ci sono gli affinatori di formaggi. Comprano delle forme promettenti e le lasciano a stagionare in caseificio o in magazzino finché non le ritengono a giusta maturazione. Se tutto procede come nei piani, la promessa si trasforma in certezza, e il formaggio è buonissimo. Volevo fare lo stesso con certe botti o certe vasche di vini particolarmente promettenti, e tuttavia destinate ad essere tagliate con altre masse di vino. Pensavo di acquistarle in toto o in parte per lasciarle affinare con pazienza finché il vino non fosse, secondo il mio solo parere, perfettamente maturo, prima di imbottigliarlo e metterlo in commercio. Il che presuppone che quel determinato vino di quel determinato territorio nasca una e una sola volta, perché una sola volta si trova, in quel luogo, la botte o la vasca che promette sviluppi speciali.

Ho detto di questo mio sogno perché Andrea Moser una cosa del genere non si è limitato a sognarla, ma la fa, con la non irrilevante differenza che parte dall’uva, e il vino da far affinare lo vinifica lui. Del resto, Andrea è uno dei più creativi e visionari enologi che abbia conosciuto, capace di cercare l’eleganza anche dove altri non la vedono, e dunque non mi stupisce questo suo nuovo passo. Lasciata a sorpresa l’esperienza felice di Caldaro, mi aspettavo che qualche cosa avesse in testa. Infatti, l’idea c’era, e ne sono incantato. Gli do fiducia anche se non ho assaggiato ancora nulla di quanto sta realizzando, e dunque vado consapevolmente contro la mia regola di non scrivere mai di qualche cosa che riguarda il vino senza aver prima provato il vino.

Il progetto si chiama AMProject e Andrea Moser ci lavora insieme al fratello Luca, enologo anche lui. “Lavoreremo di volta in volta nei luoghi che sceglieremo o che per elezione ci hanno scelti – annuncia -, per produrre ogni anno dei vini unici, completamente non convenzionali ma fortemente territoriali”. Ogni volta una nuova scommessa, rinunciando alle rendite di posizione provenienti dall’esperienza precedente. “Ogni anno – promette – cambieranno e racconteranno luoghi, territori, persone, vitigni e idee”. Non vedo l’ora di provare quelli che lui definisce i suoi temporary wine.

Ma c’è di più. Infatti, Andrea, lo definisce “un progetto che è molto vino, ma ha anche al suo interno tanto di progettazione, design e comunicazione, destinati a un target di appassionati e – in parte – riservati a una serie di ristoranti che oltre a poterli ordinare per la loro carta vini, li avranno in abbinamento a menu e piatti signature, grazie ad accordi diretti tra l’enologo e gli chef che, come lui, hanno una forte visione contemporanea”. Della necessità di cambiare la maniera di proporre il vino nei ristoranti se ne parla inutilmente da anni. Questo è un tentativo concreto, che va di là dagli schemi consolidati, e dunque mi stuzzica, mi intriga, virtualmente mi piace. Cambiare i paradigmi, questo è necessario, altrimenti sono solo chiacchiere, buone appena per farci un po’ di marketing dozzinale. Fumo e bla bla, mentre qui ci intravedo sostanza. Dico “intravedo” e non “vedo” perché voglio prima provare.

Spero che per provare l’effetto che fa non debba aspettare tanto. Il primo vino temporaneo sta già per uscire. Sarà in preordine in ottobre. È un vino bianco toscano da vigne ottantenni recuperate dall’abbandono ad Anghiari, Valtiberina, provincia di Arezzo. È lì che Andrea ha fatto la sua prima vendemmia e ha esordito con la vinificazione autonoma un anno fa, in settembre. Viene da uve di trebbiano, vermentino, malvasia bianca, canaiolo bianco e un cinque per cento di altre varietà non ancora identificate. “Il bello di lavorare su una vigna così antica è anche questo” fa Andrea. Vinificazione in sfere Clayver di argilla, affinamento ancora in Clayver e in due caratelli, uno nuovo e uno usato, forniti da Carmignani, che fa botti toscane per il vin santo, lunghissimo affinamento sui lieviti, due soli travasi. Prima, in vigna sono stati effettuati solo due trattamenti, rame e zolfo, e nel sottofila soltanto sovesci e sfalci: il clima e l’annata hanno aiutato. Le bottiglie saranno in tutto settecentoventisei con un’etichetta realizzata da Serena Barbieri.

Proverò, spero. Proveremo. Quando provo, vi dico. Vi prego di dirmi anche voi, se avrete l’occasione. Per parte mia, l’aspettativa c’è, parecchia. Il che è una sfida nella sfida, perché se crei una grossa aspettativa il risultato dev’essere all’altezza. Credo che Andrea l’abbia messo in conto.