Venere, l’acqua e il vino rosa

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Nutro una profonda e motivata stima nei confronti di Giulio Somma, direttore di quel Corriere Vinicolo che costituisce un punto di riferimento irrinunciabile, per qualità dei contenuti, per chi voglia approfondire i temi del mercato del vino e della filiera vitivinicola. Ma questa volta, non me ne voglia il direttore, mi ha un po’ sconfortato il suo intervento pubblicato a caldo sul profilo LinkedIn del giornale dopo il varo di quella campagna di promozione del turismo italiano che ha destato così tanto clamore. Somma ha preso di mira l’immagine più ampiamente diffusa della campagna, quella della Venere di Botticelli vestita in maglietta a righe da gondoliere, che mangia una pizza sulle rive del lago di Como mentre tiene accanto a sé un bicchier d’acqua. Scrive il direttore: “Con tanta ricchezza gastronomica del paese (ripetutamente conclamata dalla stessa ministra Santanchè), con piatti conosciuti in tutto il mondo potevamo forse svincolarci dal cliché ‘pizza e mandolino’ ma, soprattutto, si poteva abbinare (anche alla pizza, perché no?) un bel bicchiere di vino bianco o una bollicina, oppure con altri piatti altrettanto famosi a livello internazionale un calice di vino rosso“.

Perché mi danno un briciolo di sconforto queste parole? Perché è la riprova, l’ennesima, che quando in Italia se ne parla in modo discorsivo, il vino continua ad appartenere a tre categorie, il bianco, le bollicine e il rosso. Il rosa non si cita mai, e questo mi amareggia. Eppure proprio Giulio Somma ha meritoriamente voluto dedicare un anno intero di notevolissimi approfondimenti al movimento rosa italiano sul Corriere Vinicolo, e tra gli intervistati in proposito – e ancora lo ringrazio – ci fui anch’io. Poi però, quando si passa dalle analisi ai discorsi del parlato quotidiano, il rosato continua a scomparire, e se sparisce anche dalle parole di una persona attenta come lui, allora vuol dire che il vino rosa italiano continua a non contare nulla: mi arrendo, alzo le mani, la battaglia è persa. Oltretutto, nel caso specifico, quella rosa è proprio la tipologia di vino che con la pizza ci starebbe meglio, per chi con la pizza ci voglia bere un vino. Non solo. La Provenza, che è la patria francese riconosciuta del rosé, è il nostro primo competitor nel campo del turismo balneare di qualità: se si volesse mettere la competizione sul piano del vino, sarebbe un buon segnale dire che anche da noi la vita di riviera è all’insegna del rosa. Ecco, semmai, lato vino, è questa l’occasione veramente persa: non aver abbinato un rosato con la pizza. Lato vino, ripeto. Ma non esiste solo il vino.

Mi chiedo, infatti, perché mai una campagna che cerchi di procacciare turisti all’Italia dovrebbe far leva per forza sul vino e non sull’acqua. L’articolo è di due anni fa, ma leggo su WineNews che l’Italia è il nono mercato mondiale nel settore delle acque minerali, sostenuto dalla ricchezza delle sue trecento e più fonti. Siamo il terzo esportatore al mondo di acqua minerale confezionata, alle spalle della Cina e, guarda caso, della Francia, nonché il primo esportatore di acqua gassata dell’Unione europea. Chi viaggia, sa bene che all’estero, nei ristoranti di qualità, ti propongono l’acqua minerale italiana. Nell’immaginario internazionale, il made in Italy è fatto anche di acqua minerale. Io non ci trovo nulla di scandaloso che una campagna che voglia attrarre turisti stranieri in Italia utilizzi come elemento di richiamo anche le nostre acque. Anzi, mi ha sempre stupito il contrario, anche se al vino ci tengo più che all’acqua. E non mi si dica, come ha scritto qualcuno sui social, “allora accanto al bicchiere dell’acqua mettano anche quello del vino”, perché la comunicazione non può basarsi su un’accozzaglia di immagini che si cannibalizzano l’un l’altra; e comunque se si comincia questo gioco perverso del “più uno” non è mai finita: allora perché non la bottiglia di olio extravergine di oliva, potrei aggiungere io? e perché vicino al piatto della pizza ci hanno messo un limone e non le pesche, le ciliegie o i meloni? e perché non c’è l’insalata? ma tra le insalate, il radicchio rosso o la cicoria? oppure la cipolla, e tra le cipolle, Giarratana o Tropea? E l’aglio? Abbiamo tanto aglio riconosciuto con il marchio europeo. E che altro ancora? La tazzina di caffè?

Lasciate che arrivino, i turisti, soprattutto quelli che sono più curiosi. Quando saranno qui, starà alle mille tipicità italiane saperli trattenere e affascinare, e non ho alcun dubbio che lo sapremo fare, visto le tante “meraviglie” di cui disponiamo. Ma prima devono arrivare.

Con questo, resta immutata la mia stima nel Corriere Vinicolo e nel suo direttore. Anzi, insisto: per me, oggi, rimangono entrambi, lui e il suo giornale, dei punti di riferimento cui non si può in alcun modo rinunciare. E capisco, oltretutto, che una testata specializzata nel vino, espressione di una delle più importanti organizzazioni nazionali del settore (l’Unione italiana vini), prenda le parti del vino sempre e comunque. Sul rosa, invece, ripeto che mi tocca dar forfait, pur con l’impegno che ci hanno messo anche Somma e il suo giornale.