Tracce di rosa parte #1

matllde_poggi_rodon_500

Qualche giorno fa, rispondendo a un invito dell’agenzia Studio Cru, sono stato, insieme ad alcuni colleghi della stampa di settore, all’azienda agricola Le Fraghe di Matilde Poggi, a Cavaion Veronese, e quindi nel mio territorio gardesano, per partecipare a una doppia degustazione verticale di Chiaretto di Bardolino, l’una del Ròdon, che è il Chiaretto aziendale nella sua versione più fresca vinificata in acciaio, messo in bottiglia di vetro bianco, e l’altra del Traccia di Rosa, il Chiaretto che fa un ben più protratto affinamento in serbatoi di cemento e viene imbottigliato in vetro verde scuro, per favorirne l’invecchiamento in condizioni ottimali. Del primo abbiamo assaggiato cinque annate, dell’altro quattro, inclusi, di entrambi, i millesimi in commercio, che sono il 2023 per il Ròdon e il 2021 per il Traccia di Rosa. Tutti chiusi con la capsula a vite, in uso integrale da parte dell’azienda fin dal 2008.

Si trovano, i vigneti delle Fraghe, in quella parte di entroterra del Garda Veronese, ai piedi del monte Moscal e del monte Baldo, nella quale entrarono in contatto i ghiacciai che scendevano dalla vallata lacustre a da quella del fiume Adige, depositandovi grandi quantità di ciottoli stondati e formando una sorta di lago interglaciale, da lungo tempo scomparso e oggi testimoniato da presenze argillose a cavallo fra la più antica e ampia morena gardesana e il più modesto anfiteatro morenico di Rivoli Veronese. Per il triplice effetto del bacino del Garda, dello scambio termico con le vette baldensi e delle correnti che scendono lungo la vallata atesina, la zona è molto spesso battuta dall’aria fresca, talora impetuosa, tant’è che Federico Giotto, consulente del’azienda dal 2006, afferma, con un’indovinata metafora, che “i vini di Matile sono figli del vento“. Del vento i vini possiedono effettivamente la freschezza e la tensione, e del medesimo vento, che asciuga i ceppi, rallentando gli attacchi fungini, beneficia anche la forma di viticoltura, che qui è in conduzione biologica, certificata dalla vendemmia del 2009. Le vigne sono nei territori comunali di Cavaion Veronese, Affi e Rivoli Veronese, ma in realtà a un tiro di schioppo l’una dall’altra, ché questa è zona d’intersezione delle tre municipalità. Purtuttavia, a motivo dei depositi morenici glaciali, i vini delle Fraghe, e soprattutto il Chiaretto, sono anche estremamente sapidi, e sembrano quasi marini, tant’è che dopo averne assaggiato le due batterie avevo la bocca e le labbra che sapevano di sale, come avessi mangiato una manciata di pistacchi salati. Inoltre, sono secchi, secchissimi.

“I miei vini – dice la vignaiola cavaionese – sono tutti secchi, perché a me piacciono i vini secchi” e aggiunge di essere “appassionatissima del vino rosa“, e usa proprio quest’aggettivo, rosa, non rosato, com’è giusto che sia, giacché quella di rosato è una menzione che appartiene a specifiche denominazioni d’origine, mentre sul Garda il vino rosa si chiama chiaretto. Alle spalle, Matilde ha una storia vinicola esattamente quarantennale, stante che la sua prima vendemmia e vinificazione fu quella del 1984, dai vigneti di famiglia, la cui uva era in precedenza conferita a terzi dal padre. “Non avendo nessuno davanti a me in azienda, mi sono sentita libera di fare i vini che piacessero a me“, confida, e ha sempre fatto i vini del territorio, che sono soprattutto il Bardolino e il Chiaretto, il quale è forse il più delicato e dunque il più complesso di tutti da produrre.

Ora una nota più tecnica, con il fornire l’informazione che sul suo Chiaretto, Matilde Poggi non fa la malolattica, ossia non forza la trasformazione dell’acido malico, che viene dall’uva ed è aspro, nell’acido lattico, che darebbe una sensazione di avvolgenza e di morbidezza tattile, sicché  i vini appaiono quasi graffianti nella fase giovanile. “Se fai la malolattica – sostiene – il Chiaretto diventa più ampio e più seduto. La malolattica lo apre troppo”.

Semmai ci si potrebbe domandare quale sia il significato di proporre delle verticali di vini rosa, come quella presentata alla stampa, sapendo che dei vini rosa se ne fa consumo nell’anno in cui escono sul mercato. Io penso che ci sia un senso profondo e importante, ed è dimostrare che il rosa ha la medesima dignità del rosso e del bianco, e che insomma è in toto “vino” come lo sono le altre categorie, di cui pure – al di là della retorica narrativa – si consuma la gran parte della produzione già nell’anno di uscita in commercio, sebbene si continuino, in più piccola quantità, ad apprezzare anche nel tempo. D’altra parte, al vino rosa o ci credi o ti ci butti giusto per moda, come molti hanno fatto in Italia nell’ultima manciata d’anni, generando, al solito, una confusione autolesionista pur di vendere una manciata di bottiglie in croce; Matilde Poggi ha dimostrato di crederci, e ha aperto nuove prospettive all’italianità rosa, come del resto le è riconosciuto soprattutto a livello internazionale.

Ora è tempo di scrivere dei vini assaggiati, nell’ordine delle annata dalla più giovane alla più vecchia come propostoci. Prima il Ròdon, poi il Traccia di Rosa.

Chiaretto di Bardolino Ròdon 2023 Le Fraghe. Io credo che la difficile annata 2023 sia tra le più interessanti degli ultimi anni, perché in genere la vigna ha patito e ha fatto poca uva, e quando la vigna fatica, dà frutti molto buoni. Il Ròdon 2023 me lo conferma, esplosivo nella giovanilissima presenza di fruttini succosi e croccanti che è tipica del Chiaretto in tenera età, eppure anche materico, e dunque dotato di un’ampia prospettiva d’evoluzione. Da comprarne una cassa e tenerne metà in cantina, al buio, per qualche anno, perché darà soddisfazioni. (94/100)

Chiaretto di Bardolino Ròdon 2022 Le Fraghe. Le prime fasi evolutive lo conducono sul territorio delle spezie, che sono delicate ma molto presenti; poi, la mela renetta, che nel Chiaretto ben fatto c’è sempre, ma nel primo anno viene spesso coperta dai fruttini. Lo avverti, questo vino, secchissimo e salino. Tuttavia, come spesso accade al Chiaretto dopo il primo anno, tende a richiudersi su se stesso, come prendesse lo slancio per la seconda fase della vita. (89/100)

Chiaretto di Bardolino Ròdon 2020 Le Fraghe. È una gioia di piccoli frutti e di spezie, e finalmente sono usciti appieno gli agrumi – soprattutto la buccia di arancia – della corvina veronese, l’uva principe e largamente maggioritaria del Chiaretto. Tattilmente, è ghiaioso, sassoso, e pertanto serissimo. Un vino rosa iper gastronomico e materico e nel contempo di grande bevibilità, nel quale sale e freschezza giocano costantemente a rimpiattino, offrendo continua dinamicità. (93/100)

Chiaretto di Bardolino Ròdon 2016 Le Fraghe. Ecco che il colore abbandona i territori del rosa per tendere all’aranciato, ma bellissimo, luminoso e cristallino. Speziato e croccante, ha un’indole mediterranea per via dei richiami alle erbe officinali, e sembra mostrare una doppia personalità: ha la grinta di un professionista in carriera e, insieme, la pacatezza di chi conosce già la strada. (91/100)

Chiaretto di Bardolino Ròdon 2015 Le Fraghe. Vorrei averne qualche bottiglia in cantina per godermelo a tavola e anche lontano dalla tavola, per meditare su quel che può diventare, con l’età, un vino rosa di territorio. Leggerissimo nella fascinosa tonalità di oro giallo, sfoggia con nonchalance eleganti profumi di fiori apassiti e di fruttini asciugati dalla lunga permanenza in pianta e anche di albicocca secca e ha talmente tanto sale da spingere a utilizzare quella definizione, tanto discussa, della mineralità. È, semplicemente, in stato di grazia. Il voto va alla carriera. (96/100)

Chiaretto di Bardolino Traccia di Rosa 2022 Le Fraghe. La cavalcata del Traccia di Rosa incomincia con il 2022 che si sta ancora affinando in bottiglia, dall’estate del 2023, e andrà in commercio solo nella primavera del prossimo anno. Insomma, un’anteprima succosa di mandarino di quelle intrigantissime tracce agro-amarognole di kumquat che mi piace ritrovare nelle versioni più serie del Chiaretto, fatte con la corvina veronese quand’è a perfetta maturazione fenolica e viene pressata anziché essere macerata. Poi, il profumo avvolgente delle rose di maggio. Da prenotare per essere sicuri di averne un’adeguata fornitura. (93/100)

Chiaretto di Bardolino Traccia di Rosa 2021 Le Fraghe. Questo è il millesimo attualmente in commercio, e che millesimo! Ha il portamento dei più grandi vini che io abbia bevuto nei miei lunghi anni di militanza rosatista e promette evoluzioni che potranno lasciare il fiato sospeso. Per dare un’idea di quanto sia caleidscopico, riporto la progressione delle mie impressioni organolettiche: mandarancio, albicocca acidula, freschezza, sale, uva spina, origano, erba limoncella, melissa, aneto, mentuccia romana. Credo sia sufficiente per capire. Chissà che cosa diventerà nel tempo. (95+/100)

Chiaretto di Bardolino Traccia di Rosa 2020 Le Fraghe. In primo piano c’è l’arancia candita. Ha parecchio volume, ha polpa, eppure mantiene beva, quella di un succo di frutta denso ma acidulo. Sapete quei succhi per i quali si usa l’acronimo ace e che sanno di arancia e di carota? E poi la macchia mediterranea. (88/100)

Chiaretto di Bardolino Traccia di Rosa 2019 Le Fraghe. La 2019 fu la prima annata del Traccia di Rosa, e il colore è tuttora quello evanescente che aveva allora, il più chiaro che io abbia mai visto su un Chiaretto di Bardolino, tant’è che di rosa ne ha, appunto, soltanto una minima traccia (erano i giorni del covid, le cantine imbottigliavano in autocertificazione senza bisogno di passare dalle commissioni degli enti di verifica, e dunque tutto o quasi era possibile). “Ormai il colore è più da vino bianco che da vino rosa” ammette Matilde, ma il vino è caratterialmente rosa, e molto minerale e graffiante nella parte tattile, con quell’odore che avverti accanto ai torrenti che scorrono festosi in montagna tra i massi di granito. Di potenziale da esprimere ne ha ancora parecchio. (90/100)