Il rosato merita di invecchiare

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Nell’estate del 2014, appena dopo ferragosto, stanco della pioggia e del freddo del Nord (dalle mie parti c’erano 14 gradi), mi recai (fuggii) per qualche giorno nel Salento. Nell’enoteca di Ilaria Donateo, a Porto Cesareo, acquistai alcune bottiglie di vini salentini. Qualcuna è finita dispersa in un angolo della mia cantina. Tra quelle che ora ho ritrovato c’era un Primitivo Rosato del 2013, quello dell’azienda agricola di Giuseppe Attanasio, punto di riferimento di Manduria. All’epoca, il vino mi era piaciuto, l’avevo preso per questo motivo. Incuriosito, ho dunque stappato questo rosato decenne, perché dieci anni sono una bella sfida per la categoria.

La prima considerazione è per il colore. Il colore è quello, austero, che mi aspetto da un rosato di primitivo fatto in modo tradizionale e invecchiato una decina d’anni , ossia una via di mezzo tra il corallo e – soprattutto – il mogano, quasi da Sherry. Insomma, un colore fuori dagli standard moderni, e a dire il vero, da come lo ricordo, il vino era già di tinta piuttosto spartana in origine. Ma così come un giocatore non si giudica da come batte un calcio di rigore (cit.), un rosato non si deve valutare dal colore.

La seconda considerazione è per il sale. Il sale ti prende a ondate, mentre bevi questo vino. La bocca saliva generosamente. Ti guardi attorno e cerchi qualche cosa da mangiarci assieme. Vino da gastronomia, da cibo, da tavola imbandita o da merenda nei campi, da pane capocollo e olive, da polpo in terracotta con i pomodorini le patate l’aglio e il peperoncino, da triglie in padella, da carni rustiche di agnello o da parmigiana di melanzane. Vino da fame e da silenzio. Vino terroso di quella terra rossa che si trova così spesso in Puglia. Ha tracce decadenti di mobile antico e fiori secchi.

La terza considerazione è per il dispiacere. Il mio personale, assoluto dispiacere per il fatto che in Italia non abbiamo l’abitudine a far invecchiare i rosati che lo meritano. Un vino del genere vorrei trovarlo nella lista di un ristorante, e invece sì e no – più no che sì – che si trova l’ultima annata, quella recente, sempre ammesso che il ristorante abbia qualche vino rosa in carta, cosa per nulla scontata. Questo rosato ha meritato di essere invecchiato, e me lo sono gustato, servito come merita, e cioè fresco di cantina e non di meno.

Salento Primitivo Rosato 2013 Attanasio
(87/100)

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