Quei vini del Nuovo Mondo, così semplici e così difficili

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Quando si parla di vino, con la definizione di Nuovo Mondo si riassumono e si aggregano semplicisticamente l’America del Nord e del Sud, il Sudafrica e l’Oceania. Troppo vago, non funziona, perché le storie vinicole di questa moltitudine di territori sono assai diverse, e sono anzi diventate sempre più divergenti negli ultimi decenni. L’Argentina non ha nulla a che vedere con la Nuova Zelanda, l’Oregon e l’Australia sono concettualmente lontanissimi, tra il Cile e il Sudafrica non trovo punti di collegamento. Non ha alcun senso accomunarli in un corpo univoco, né ha senso la contrapposizione tra il Vecchio Mondo enologico, quello dell’Europa e tutt’al più del Medio Oriente, e il Nuovo Mondo. Oltretutto, questa pretesa di comparazione ha finito per stravolgere per alcuni decenni lo stile dei vini europei, e soprattutto italiani. Ancora più ingiustificato è pretendere di valutare i vini delle terre di più recente espansione viticola facendo uso degli stessi parametri che utilizziamo per i vini italiani o per quelli francesi. Credo che servano paradigmi diversi, perché diverso è il contesto geografico, ambientale, culturale e sociale.

Tutto questo filosofeggiare mi è scaturito dalla recente apertura di un vino bianco neozelandese che si piazzò al decimo posto nella classifica top di Wine Spectator del 2023. Parlo del Marlborough Sauvignon Blanc 2022 di Greywacke. A berlo con me durante una cena di molluschi e di pesci di mare c’erano sei commensali. I giudizi dei miei compagni di bevuta si divisero a metà. Tre lo ritennero un vino molto piacevole, dritto e goloso, perfetto oltrettutto con le ostriche; tre lo giudicarono troppo affetto da un eccesso di tecnicologia, e dunque poco coinvolgente, ancorché corretto enologicamente. Io mi schierai coi primi tre, perché per me questo è davvero un ottimo vino, a condizione che lo si valuti per quel che è, ossia il figlio di un territorio esploso coi suoi Sauvignon Blanc solo nell’ultima ventina d’anni. Dunque, più che sul concetto di territorialità, a mio avviso ci si deve basare sull’idea dello stile, e lo stile del Sauvignon di Greywacke è perfettamente rappresentativo dell’identità vinicola della regione neozelandese di Marlborough, con quel trionfo di frutto della passione, di mango, di limone e di zenzero, tutti cesellati con precisione chirurgica, e con quella freschezza nettissima e dritta, che sospinge il sorso all’infinito. Però capisco che ti possa sembrare perfino un vino di una semplicità disarmante, e invece mezz’ora dopo che hai terminato la bottiglia è ancora lì che si fa avanti nei ricordi, e dunque è un vino d’eccellenza.

Ecco, se volete capire lo stile di Marlborough, bevete questo Sauvignon. Io l’ho acquistato on line a poco più di trenta euro. Ovviamente, è chiuso con il tappo a vite, come tutti i vini di quella zona, qualunque sia il prezzo al quale vengono venduti, e anche questo spiega come i nostri preconcetti siano risibili, da quelle parti.

Marlborough Sauvignon Blanc 2022 Greywacke
(93/100)

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