Il prototipo del nuovo Amarone c’è già

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Durante Amarone Opera Prima, l’anteprima dell’annata 2019 dell’Amarone della Valpolicella, si è discusso di cambiamento. Parlarne è necessario, perché, in giro per il mondo, i gusti e gli stili dei bevitori di vino e di alcolici stanno evolvendo con una inusitata rapidità, e i vini rossi faticano moltissimo pressoché tutti, tranne solo i più ambiti, i cosiddetti fine wine, i quali sono giocati sulla finezza e sull’eleganza, più che sulla potenza e sulla concentrazione, come invece andava per la maggiore sino a qualche anno fa. L’Amarone è un vino di potenza e concentrazione.

In molti, alla rassegna veronese dell’Amarone, sono stati colpiti dalle parole del vicepresidente del Consorzio di tutela dei vini della Valpolicella, Andrea Lonardi, che in agosto è stato il secondo italiano a essere ammesso nella ristrettissima cerchia dei Master of Wine e che dal 2012 è anche Chief Operating Officer di Angelini Wine & Estate, il gruppo che ha in portafoglio uno storico marchio dell’Amarone, Bertani. Ha evocato, Lonardi, la necessità di un cambio stilistico e culturale, in grado di collocare l’Amarone della Valpolicella tra i fine wine internazionali.

Mentre Lonardi parlava, mi si riaccendeva la memoria sensoriale di un Amarone del 2019, che avevo appena assaggiato, tra vari altri, nella sala di degustazione riservata alla stampa. Tra i miei appunti, avevo scritto che quello, per la sua elegantissima impronta, era il possibile prototipo di un nuovo stile di Amarone, capace di indicare il futuro e di proiettare la denominazione tra grandi vini del mondo. Si trattava proprio dell’Amarone Bertani. A Lonardi non l’ho detto di persona – di fatto, non ci conosciamo – ma sono stato molto colpito nel constatare che le parole corrispondono ai fatti – cosa per nulla scontata nell’Italia manageriale dei nostri giorni – e che le prospettive indicate da lui non sono un miraggio impossibile, tant’è che le ho avute, abbozzate, nel bicchiere.

Ha una luminosità particolare, quel vino. Una tonalità leggera, eppure al contempo austera. Così pure, sono finissimi e delicati e tuttavia inarrestabili e cangianti i profumi, che rievocano con grazia la complessità della memorie storiche dell’Amarone, ma la tratteggiano con una grazia difficilmente rintracciabile in un vino pur sempre proveniente da uve sottoposte all’appassimento. La parte tattile, la tessitura tannica in particolare, rare volte mi si è presentata così ben definita in un vino valpolicellese. Sul mio bloc notes avevo scarabocchiato di primo acchito queste parole: “Un Amarone che apre una nuova prospettiva, partendo dalla classicità“. Se questo è il riferimento della ripartenza, il futuro dell’Amarone può essere radioso.

Amarone della Valpolicella Valpantena 2019 Bertani
(96/100)