Ecco come si fa a promuovere il bag in box

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Chi mi segue, sa che sono del tutto favorevole alle forme alternative di confezionamento dei vini. Per quelli di uso quotidiano, o che comunque vengano bevuti poco dopo l’acquisto, secondo me il bag in box rappresenta una soluzione ottimale, pratica, ecologica ed economica. Purtroppo, sono costretto a ripetere per l’ennesima volta che la normativa italiana in materia è fossilizzata su posizioni antistoriche e oggi commercialmente dannose, con quell’assurdo divieto di inscatolare in bag in box i vini a denominazione di origine che utilizzino le cosiddette “menzioni aggiuntive”, tipo classico, superiore e simili. Ciò premesso, sono contentissimo di poter dire di essermi imbattuto nel blog di una cantina sociale che al bag in box ci crede e che lo sa descrivere come io non sarei mai stato in grado di fare. A riprova che le tanto discusse cooperative a volte sono le punte di diamante dell’innovazione vitivinicola.

La cantina è quella di Vinchio Vaglio, in Piemonte. Se saper comunicare il bag in box funziona? Eccome. Nell’esercizio 2007-2008 (l’anno sociale delle cooperative scavalla l’anno civile) ne vendettero, nei vari formati, 58.795 pezzi per un totale di 358.792 litri di vino. Nel 2021-2022 i bag in box sono saliti a 652.900 per un volume di 2.924.252 litri di vino, più del novanta per cento dei quali a denominazione di origine. Ripeto e sottolineo, quasi tre milioni di litri di vino doc venduti in bag in box. Il settanta per cento del vino in bag in box è Barbera, vitigno del quale Vinchio Vaglio è specialista; a seguire per vendite ci sono Cortese, Chardonnay e Dolcetto.

Ma sin qui non ho detto quel che mi interessa di più sottolineare, ossia come alla Vinchio Vaglio presentino i loro bag in box. Sul loro blog ne parlano in forma semplice, schietta e facilmente comprensibile. “Siamo davvero sicuri – chiedono – che la diffidenza verso il Bag in Box abbia a che fare con la qualità del vino? E se invece si trattasse di un retaggio sociale e culturale che si scontra oggi con sensibilità ecologiche e consumi moderni?” Poi passano a spiegare che cosa sia e come funzioni il bag in box. Lo fanno con queste parole: “Come funziona? Bag in Box letteralmente significa ‘sacca (Bag) nella scatola (Box)’ perché in effetti si tratta di un contenitore alimentare di materiale resistente e deformabile che viene inserito all’interno di un cartonato rigido. La sacca è collegata ad una valvola di non ritorno, un rubinetto, che estrae il vino. Nulla a che vedere con i ‘vini in cartone’ o i ‘vini in brik’! Il Bag in Box più usato si presenta nelle versioni di 3 o 5 litri, mentre quelle più grandi (da 10 o 20 litri) sono pensate per la ristorazione. Un consiglio: se acquistate un Bag in Box online prendetene sempre a multipli di 4. La spedizione sarà più semplice e il contenuto più sicuro“. Bravi. A questa cosa della sicurezza del far viaggiare i bag in box a lotti da quattro non ci avevo mai pensato: è vero, lo stoccaggio è ottimale e la scatola ha meno rischi di rottura.

Quanto ai punti di forza del bag in box, alla Vinchio Vaglio ne sottolineano due: conservazione della qualità e sostenibilità del packaging. Ne scrivono in maniera così didattica che mi tocca riportare testualmente, con la speranza che chi mi legge ne possa trarre beneficio cognitivo e farsi a sua volta proselite del bag in box.

“La sacca – raccontano riguardo al primo tema – viene riempita senza incamerare aria, e anche lo svuotamento, che avviene per pressione atmosferica, la comprime su sé stessa, senza che questo comporti la formazione di bolle d’aria all’interno. È questa mancanza di aria che permette al Bag in Box di conservare il vino in maniera ottimale. Il vino mantiene così inalterate le proprietà organolettiche a lungo: si va dai 6 ai 12 mesi di conservazione per il prodotto imballato e fino alle 5 settimane per il BiB aperto. La sacca inoltre è composta da un materiale plastico poliaccoppiato per alimenti che protegge il vino dalla luce, dall’aria e dagli sbalzi di temperatura. Il primo bicchiere di Barbera sarà sempre buono come l’ultimo!” Spiegazione eccellente.

Sull’argomento della sostenibilità sono perfino più diretti. “Negli ultimi anni – affermano – si parla molto della distinzione tra bottiglie leggere e pesanti, ma il BiB è l’alternativa di packaging più sostenibile di tutte. La forma quadrata del vino in Bag in Box consente di impilare facilmente le scatole con un peso minore in relazione al volume del vino, permettendo una logistica efficiente, un più semplice stoccaggio e un’incidenza del costo di trasporto per litro inferiore. Per fare un esempio: per un camion che trasporta BiB da 5 litri (che vengono consegnati stesi) bisogna considerare 7 camion che trasportano il vino equivalente in bottiglie da 75 cl. L’impronta di carbonio del BiB è decisamente ridotta, si parla di emissioni di carbonio 8 volte inferiori rispetto alle bottiglie di vetro, e tutti i componenti possono essere riciclati: l’imballaggio esterno nella carta, mentre il sacchetto interno e il rubinetto si possono conferire nella plastica. Ed infine il Bag in Box previene lo spreco alimentare perché massimizza la durata di conservazione del vino fino all’ultimo sorso“.

Ho riportato tutto perché, insisto, non sarei mai riuscito a essere più chiaro, e penso che una descrizione del genere dovrebbe finire in tutti i testi delle scuole di sommellerie, per fare cultura e abbattere i pregiudizi. Così pure, ritengo molto significativa la loro chiosa finale: “Il Bag in Box per questi motivi è un’alternativa validissima al consumo quotidiano di vino. Anche la ristorazione infatti sta spingendo sempre di più verso questo formato per i ‘vini della casa’. Il rubinetto permette di avere un vino sempre pronto all’uso, sia per il consumo quotidiano che sporadico”.

Vedete che cosa vuol dire crederci davvero a un progetto? Che poi, ripeto, è anche profittevole: tre milioni di litri di vino venduti in bag in box sono una bella quantità. C’è di che meditare.