Bertinga, ossia dei vini parcellari

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Quando una cantina dichiara che ha l’intenzione di “produrre vini la cui personalità rispecchi l’unicità dei cru di provenienza” si prende un bell’azzardo. Se poi aggiunge di voler fare dei vini “la cui longevità e struttura raccontino i suoli estremamente vocati dai quali prendono vita”, la promessa rivolta al bevitore è ancora più sfidante. Io quei vini li ho assaggiati e le parole hanno trovato fondamento.

La cantina è Bertinga. Un’azienda giovane. È nata solo nel 2015, sulle colline di Gaiole in Chianti. Ha una quindicina d’ettari di vigna. La maggior parte è sangiovese, a sottolineare l’appartenenza chiantigiana, e il sorso ne restituisce intatta l’essenza. Il resto è merlot, e anche nell’interpretazione del merlot ci ho trovato un’indole del tutto territoriale. Anzi, no, territoriale non rende il senso. Il carattere di quel merlot è parcellare, e probabilmente sta lì il significato profondo del modo d’essere di Bertinga.

Voglio dire, che a Gaiole sappiano interpretare le sfaccettature del territorio attraverso il sangiovese lo do per scontato, altrimenti non sarei nemmeno qui a scriverne. Invece, riuscirci “anche” con un vitigno alloctono come il merlot, che oltretutto quasi sempre segna profondamente i vini con il proprio carattere varietale, be’, quello è più raro. Il fatto è che qui il vino ti racconta esattamente il vigneto dal quale ha origine e il vigneto ti racconta esattamente il vino che ne proviene, e il narrare dell’uno e dell’altro procede con una continuità di linguaggio e di intonazione nelle quale poche volte accade di imbattersi, e quelle volte è una festa dei sensi e dell’intelletto, perché siamo fatti di corpo e di spirito, ed è un miracolo bellissimo poterne vivere il contemporaneo appagamento. Dunque, ha ragione l’enologo francese Stéphane Derenoncourt, celebre consulente di Bertinga, quando afferma che i vini fatti lì “neanche si specchiano pedissequamente nelle loro – pure nobili – varietà”.

Derenoncourt non l’ho incontrato, nella mia visita a Bertinga, ma ho avuto il piacere di vedere le vigne e provare i vini insieme con il direttore tecnico Elisa Ascani, la quale mi ha confermato che “ogni attività viene mirata sulla singola parcella“, e cioè le cure agronomiche sono – come dire – sartoriali, il che rinforza l’impressione che ne ho tratta dai calici. Non c’è niente da fare, il vino, se è autentico, ti descrive ogni singolo dettaglio degli elementi – suolo, clima, vigna, annata, azioni umane – che ne hanno determinata l’origine. Se invece nel vino non ci ritrovi tutti insieme i fattori che ho elencato nell’inciso, allora c’è qualcosa che non va, in termini di autenticità. A Bertinga la voce dei vini è del tutto percepibile.

Le zone dove l’azienda ha le vigne sono tre, Bertinga, che dà nome alla cantina, Vertine e Adine. I primi a essere acquisti sono stati i vigneti di Bertinga, sotto al borgo di Lecchi in Chianti, su terre compatte, che appartenevano al Castello di Ama. I vini che vengono da lì hanno strutture massicce, che la freschezza dell’altitudine riesce a governare. Il merlot è su una china rivolta a nord. Fino a qualche anno fa, piantare un vigneto che guarda verso nord sarebbe sembrata un’eresia. Col cambio climatico, invece, è una risorsa. L’uva matura piano, l’acidità è salva. A Vertine ci sono pendenze severe. I vini che ne provengono sono dinamici. Il Chianti Classico dell’azienda viene da lì. Adine ha terre dalla composizione articolata ed è tutta e solo per il sangiovese. La vigna si impenna sul fianco del colle e prende luce e vento.

I vini, ora.

Chianti Classico La Porta di Vertine 2020 Bertinga. Solo sangiovese. Lucente, snello, umorale, grintoso. Possiede la dinamicità del luogo d’origine. Fiori di campo e mele rosse succose, un pizzico di sale. (90/100)

Toscana Sassi Chiusi 2018 Bertinga. Sangiovese con un tocco di merlot, dalla vigna di Bertinga. Esce tardi e uscirà sempre più tardi, saggiamente, giacché è vino elegante, e l’eleganza pretende l’attesa. Ha struttura, ma la freschezza rende agile il sorso. Effluvi di spezie. Elisa mi dice che le spezie sono nell’imprinting del luogo. (92/100)

Toscana Bertinga 2017 Bertinga. Sangiovese e merlot. La siccità, gli acini piccoli, la compattezza dei suoli hanno dato un vino monolitico. Le altezze hanno aiutato a raffrescarlo. Il frutto scalpita per farsi avanti, ma è ancora avvinto da un tannino che è figlio della vigna e dell’annata. (88/100)

Toscana Punta di Adine 2017 Bertinga. Solo sangiovese dal picco più alto della terrazza di Adine, e di quello scenario aperto e ventoso ha l’impronta. Luminosissimo e brillante. Intimamente chiantigiano, terroso e salato, croccante nel frutto. Manciate di spezie. Setoso. (93/100)

Toscana Volta di Bertinga 2016 Bertinga. Viene dalla piccola parcella di merlot orientata verso il nord, quella con più argilla. Ovvio che la vendemmia è tardiva, e anche il vino chiede di essere atteso, in cantina e nel calice. Ricambia donandosi con flessuosa lentezza. Si smuove pianissimo, procede sensuale, un millimetro per volta. Ti lascia tutto il tempo di pensare, di accogliere, di apprezzare, che è poi quello che chiedo a un grande vino. (96/100)

Del Volta di Bertinga, l’annata 2016 è l’unica in commercio. Sono state prodotte anche la 2015 e la 2019, ma non sono ancora state vendute. I tre millesimi usciranno in cofanetto per Natale. Beato chi riuscirà ad averli.