Al lupo, al lupo! (il vino italiano e gli irlandesi)

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Alcuni lettori mi hanno chiesto il mio parere circa la questione della volontà irlandese di scrivere degli ammonimenti salutistici sulle etichette delle bottiglie di vino. In realtà, non è proprio così, perché la norma riguarda l’alcol in genere, e dunque non solo il vino. Ma non è questo il punto. Fin qui non ne ho scritto perché non lo credevo (e non lo credo) così importante come l’ha fatto sembrare il can can mediatico che si è scatenato. Giusto per dire, e salvo errore, non ho letto particolari piagnistei da parte dei produttori di amari, limoncello o liquori all’anice, che pure sono colpiti dal possibile provvedimento.

Di fatto, gli irlandesi chiedono di fare come già fanno gli americani. Se esporti negli Stati Uniti devi scrivere in etichetta questa dicitura: “GOVERNMENT WARNING: (1) According to the Surgeon General, women should not drink alcoholic beverages during pregnancy because of the risk of birth defects. (2) Consumption of alcoholic beverages impairs your ability to drive a car or operate machinery, and may cause health problems”. Insomma: alcol sconsigliato alle donne incinte per evitare rischi al feto e sottolineatura del fatto che bere alcol può inficiare la capacità di guidare un’automobile e di usare delle macchine al lavoro e può causare problemi di salute. Nonostante questo, il mercato statunitense è indubbiamente il più importante al mondo per il vino. Anche per quello italiano.

Conosco le obiezioni di chi si ribella alle etichettature giudicate come delle spinte neoproibizioniste, anche se in realtà nessuno proibisce di bere alcolici.

La prima obiezione è questa: è sbagliato paragonare il vino agli altri alcolici, perché il vino ha a che fare con la storia, con la dieta mediterranea e con lo stile di vita di noi italiani. Insomma, un affronto alla nostra cultura, sostengono molti produttori e i loro rappresentanti istituzionali. Il fatto è che il paragone non lo hanno mica inventato gli irlandesi. Lo usano già anche gli americani: se si rilegge il “warning” da scrivere in etichetta “anche” sul vino, vi si parla di “alcoholic beverages“, e dunque già da parecchio negli Stati Uniti si paragona il vino a qualunque altra bevanda alcolica. Eppure nessun produttore di vino italiano, neppure quelli che oggi si stracciano le vesti nei confronti dell’Irlanda, si sente sminuito dallo scrivere il paragone tra vino e alcol sulle proprie etichette dirette negli Stati Uniti. Anzi, spera di mandarcene sempre di più.

La seconda obiezione è che quello irlandese sarebbe un precedente in ambito europeo. Non è del tutto vero. O meglio, lo è per il contenuto specifico, ma non lo è in termini di prescrizioni salutistiche. Il precedente è quello della Francia. Sulle etichette di vino vendute in Francia da lungo tempo è obbligatorio riportare il cerchiolino con l’immagine barrata di una donna incinta a significare che il vino non va bevuto in gravidanza. Un’indicazione ancora più stringente di quella americana. Non solo. In Francia ogni forma di pubblicità del vino deve riportare la dicitura, bella grande, “l’abus d’alcool est dangereux pour la santé, à consommer avec modération“, l’abuso di alcol è pericoloso per la salute, da consumare con moderazione. Si parla di alcol, il vino è assimilato all’alcol. Inoltre, nelle pubblicità francesi del vino e degli alcolici sono vietati i sorrisi e gli atteggiamenti gioiosi, perché ormai da trent’anni la legge Évin li paragona all’istigazione a bere. Eppure la Francia compete con l’Italia e con la Spagna come primo produttore di vino in volume al mondo ed è assolutamente prima in termini di valore.

C’è anche una terza obiezione, a dire il vero, su cui avrei voluto stendere un velo pietoso, ma visto che sono entrato in tema ne parlo comunque. C’è chi dice, qui da noi, che se bisogna mettere degli avvertimenti salutistici sulle bottiglie di vino, allora bisognerebbe metterli anche sulla carne rossa, sui salumi, sugli alimenti zuccherati, bevande incluse. Bravi, continuate così. Riuscirete a convincere qualcuno a pretenderlo. Peccato che la nostra bilancia agroalimentare si basi su prodotti come il prosciutto crudo e una certa crema spalmabile alle nocciole. Dai, su, invochiamo il warning anche qui, facciamoci del male. Gridiamo “al lupo, al lupo”, ché quando arriva il lupo non ci aiuterà nessuno.