La Conca d’Oro e il neoumanesimo contadino

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Dire che la Conca d’Oro di Bassano del Grappa è un ristorante appare riduttivo. In realtà è ristorante, forno, bottega e fattoria, il tutto dentro ad uno straordinario progetto sociale che – cito – costituisce “un’impresa economicamente e finanziariamente sostenibile che utilizza la produzione agricola, zootecnica e le attività ad esse connesse per l’inserimento sociale e lavorativo a vantaggio di persone con disabilità nella comunità locale”.

Però dire che alla Conca d’Oro di Bassano del Grappa è bene andarci a mangiare per il suo valore sociale è ancora più riduttivo, perché in realtà, per quel che ci ho mangiato io e per come ci ho mangiato, questa realtà è seriamente candidabile ad essere una delle mete più golose del Veneto.

Per esempio, i maccheroncini con broccolo e sarda erano semplicemente perfetti. Sottolineo, perfetti. Con il ricordo delicatissimo, sfumato, acquarellato delle sarde sotto sale che esaltavano il profumo e la stessa consistenza dei broccoli romani, croccantissimi e verdissimi. E pensare che secondo lo staff del locale non è neppure un piatto del tutto rappresentativo della loro filosofia, perché le sarde mica le pescano, mentre il resto, dalla pasta al broccolo all’olio extravergine di oliva, è di produzione diretta. Alla Conca d’Oro, infatti, si mira soprattutto e quasi solo a fare cucina con quello che viene prodotto in fattoria. Altro che teoria del chilometro zero, qui è concreta questione di metri, e dalle finestre o dal porticato dove pranzi vedi i campi degli asparagi e dei broccoli e gli olivi e tutto il resto.

In cucina mi hanno spiegato che si danno il turno in quattro, di cui uno, ragioniere per via degli studi, fa le basi, e gli altri lavorano sopra a queste basi, ma anche gli altri hanno percorsi formativi e di studio che non hanno a che vedere col cibo e con le cotture. Non mi stupisce. Il neoumanesimo gastronomico non si costruisce sulla conoscenza tecnica, o non solo su quella.

Ne vengono fuori piatti come la delicatissima vellutata di zucca con i ceci di cui mi sono beato. Era fatta con zuppa di zucca, patate, porri, avena, cicerchia e finocchio con crostini di pane di pasta madre semintegrale. E che dire di quello che in carta chiamano crostone ma in realtà è una focaccia di zucca con hummus di ceci, finocchi e cavolo nero con la maionese, delicatamente acidula, di rapa rossa? Ecco, questa è la semplicità che si fa avanguardia gastronomica. Un’avanguardia che si fonda sull’origine della materia prima, sulla sua conoscenza diretta e sulla sua esaltazione nella maggior purezza possibile. Una purezza rispettosa, intendo, dei sapori, degli afrori, ma anche della sostenibilità naturale e di quella economica e di quella umana e di quella sociale, e questo è il motivo per cui sopra mi sono lasciato andare parlando di una nuova forma di umanesimo che transita dalla gastronomia. Senza utopismi da filosofi del postmoderno, ma con la concretezza di una nuova razza di contadini, moderni, che hanno una visione alta della convivenza e che l’inquadrano nella contemporaneità – una visione olistica, direbbe chi sa parlare difficile.

Questo modo di vivere e di pensare la produzione e lo stare a tavola si traduce anche nella carta dei vini, non a caso premiata con il premio carte dei vini della Milano Wine Week. Una lista di vini pressoché interamente provenienti dal mondo biologico, biodinamico, “naturale”, scegliendo fra le produzioni più fini ed eleganti e rappresentative dei terroir italiani. Non a caso ci ha messo mano uno che se ne intende, ossia Gianpaolo Giacobbo. Per cui si beve anche gran bene, alla Conca d’Oro.

L’ultima nota è per il servizio. Ecco, il servizio, brillante, personale, creativo, a tratti perfino ironico, è un’altra applicazione tangibile del concetto ideale della piena integrazione sociale, con la disabilità che si fa valore, in tutta naturalezza.

Ci tornerò ogni volta che posso, e spero di potere spesso.

Fattoria Sociale Conca d’Oro – Bassano del Grappa (Vicenza) – Via Rivoltella Bassa, 4 – tel. 0424 512607