Vinchio Vaglio e il nido della Barbera

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Il fatto che sia nata nel 1959, cioè nel mio stesso anno, me la rende perfino più simpatica, però la cantina sociale di Vinchio – Vaglio Serra, nel Monferrato, mi ha proprio convinto con le sue etichette di Barbera. Anzi, loro sono tra coloro che sulla rinascita della Barbera ci si sono impegnati parecchio, e oggi gestiscono quasi trecentocinquanta ettari dedicati a questa varietà sui cinquecento totali (i soci sono quasi duecento, contro i diciannove iniziali), distribuiti sulle denominazioni della Barbera d’Asti, della Barbera del Monferrato, del Piemonte Barbera e di quel Nizza che grazie al cielo qualche anno fa si è deciso di eleggere a sola menzione territoriale, tralasciando l’indicazione del vitigno.

Di certo, questa cooperativa fu un’antesignana quando, nel 1985 e poi sempre successivamente, incentivò i soci a non estirpare i vecchi ceppi, quelli migliori, e ancora di più ebbero il merito di continuare in questo cammino virtuoso negli anni successivi, quando sembrava essere diventato ovunque un dogma la sostituzione dei vigneti con cloni nuovi, più produttivi e vigorosi, e dunque più votati alla produzione di vinoni. Come hanno fatto? Non limitandosi a pagare le uve a quintale, ma garantendo un rendimento prefissato a ettaro, qualunque fosse la resa, se le uve avessero denotato specifiche caratteristiche qualitative. “Perché ogni progetto per esere credibile deve essere sostenuto da un reddito“, affermano, e hanno perfettamente ragione. Risultato, alcuni di quei vigneti salvati hanno sono oggi ottantenni, e costituiscono uno straordinario patrimonio di biodiversità, e i vini che se ne ottengono sono molto buoni.

Della cantina, che oggi si firma semplicemente Vinchio Vaglio, ho avuto la possibilità di assaggiare sei vini rossi. O meglio cinque, stante che il sesto, che è il vino più ambizioso che producano, era difettoso, e dunque non bevibile. Peccato, comunque, mi sono goduto gli altri. Di seguito scrivo dunque le mie impressioni, in ordine di preferenza personale. Non mi soffermo sui colori dei singoli vini, perché li ho trovati tutti perfettamente scuri, violacei e brillanti, e dunque molto “barberisti”

Barbera d’Asti 50 Vigne Vecchie 2020 Vinchio Vaglio. Delle due Barbere venute dalle vigne vecchie, questa è la versione affinata in acciaio, e dà subito la percezione di quanto sia stata provvidenziale la scelta di salvaguardare quei ceppi veterani. Ci trovi, nel vino, violette a profusione, sembra di camminarci in mezzo. In bocca è avvolgente, con il tannino ben modulato che supporta e rende ancora più elegante la florealità. La vena sapida fa uscire il frutto succoso. Convince e avvince e i 14,5 gradi di alcol neppure ti accorgi che ci siano. Piccolo capolavoro di equilibrio, che nello shop o line della cantina trovi in vendita a 12,90 euro, e a questo prezzo è veramente un acquisto eccellente. (92/100)

Barbera d’Asti Bio 2020 Vinchio Vaglio. Vinosa, nel senso che sa tuttora di vino nuovo, nonostante abbia maturato i due anni. È una Barbera ruspante e contadina, e lo dico come complimento. In bocca è scattante, nervosetta, succosa di uva matura, di mirtillo e di prugna e, sotto, in lontananza c’è un cenno appena tratteggiato di funghi essiccati. La freschezza invita al sorso, il sorso invita al cibo, lungamente, con insistita cortesia. Si fa strabere, pur dichiarando in etichetta anch’essa i 14,5 gradi di alcol, che fai fatica a crederci, da tant’è bevibile. On line costa 8,90 euro. Chapeau. (90/100)

Nizza Laudana 2019 Vinchio Vaglio. Il Nizza si fa con l’uva barbera, ma si chiama Nizza e basta. Il bouquet è complesso, va dal pellame alla violetta in una specie di danza continua. La bocca è austera e quasi decadente nel frutto, nel fiore e nella speziatura, eppure trovo a ravvivarla di continuo, e a favorirne l’ascesa in termini di complessità, una vena sapida e un cenno via via sempre più percepito di incenso. Una specie di classico d’antan. Costa 14,90 euro. (89/100)

Barbera d’Asti Superiore Vigne Vecchie 2017 Vinchio Vaglio. L’altro vino dai vigneti più avanti d’età. Stavolta l’affinamento viene fatto in barrique, e il rovere mi è parso da subito piuttosto presente. La bocca si riscatta con una sua certa presenza sapida. Nell’insieme resta un vino interessante, ma paga un qualche dazio rispetto alle annate più giovani. Viene 19,90 euro. (85/100)

Barbera d’Asti Superiore I Tre Vescovi 2019 Vinchio Vaglio. Il più austero fra tutti i vini assaggiati. Propone la spezia e la pepatura. Tuttavia. nonostante l’alcol dichiarato sia leggermente meno alto degli altri vini assaggiati (e comunque i gradi sono 14), il calore è più percepibile e il tannino, un po’ asciugante, vira verso una sottile vena amara, temo anche per effetto della scelta effettuata nella chiusura della bottiglia. Costa 9,30 euro. (84/100)