Trivellare i vini?

petrolio_240

Si va verso il referendum contro le trivellazioni, quelle che si fanno per cercare il petrolio qui da noi, in Italia, entro le dodici miglia dalle coste marine. Nel quesito referendario si chiede: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Credo di non aver detto niente di nuovo.
Di nuovo c’è invece che i sostenitori del referendum stanno facendo sui social una campagna che non mi piace. Mi riferisco ai post che continuano a comparire su Facebook dove c’è la foto di un cavatappi a leva e la dicitura “noi trivelliamo solo tappi di sughero” oppure “il nostro petrolio è il vino” oppure “l’unica trivella sostenibile”, cose del genere.
Non mi piace per due motivi, questa campagna.
Il primo è che io sono tra coloro che non amano il tappo in sughero e il relativo cavatappi “trivellatore”, e quest’insistere sulla positività del “trivellare” le bottiglie invece del mare è deleterio per chi, fra i produttori vinicoli, abbia imbracciato la via, già di per sé difficile, del tappo a vite in alternativa alla chiusura tradizionale.
Il secondo motivo è che non mi piace il paragone fra una lavorazione industriale – l’estrazione petrolifera – e una pratica agricola – la produzione vinicola. Così si rischia di far passare l’idea che il vino appartenga al panorama dell’industria, e non va bene.
Insomma, per far del bene alle coste marine, si rischia di far del male – parecchio male – al mondo del vino.
Come la penso poi sulla questione del referendum? Penso che sia già da un bel po’ l’ora di dedicarsi allo sviluppo delle energie rinnovabili. Il petrolio rinnovabile non lo è.