Il sogno di Paul diventa vino

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Nonostante viva in Italia da molti anni, l’accento marcato di uomo dei Paesi Bassi non l’ha mai perso, né mai lo perderà. Eppure, dal Piemonte, dove abita, Paul Balke si è ritagliato un proprio spazio nel contesto complesso del vino italiano, come scrittore e come formatore. Adesso si è messo a fare anche il négociant per dare gambe e fiato alla sua idea di vino da uvaggio – insomma, di vino da più uve di varietà diverse -, e in etichetta ci mette la faccia, nel senso che ci figura il suo profilo.

L’idea di vino di Paul Balke sta scritta dentro al suo Manifesto. Non che lui disdegni il vino da monovitigno. Anzi, sfoderando un coraggio da leone nell’Italia dei mille campanili, esordisce affermando che i vini più importanti d’Italia – ossia, per lui, Barolo e Barbaresco, Taurasi e Brunello di Montalcino – sono tutti da un unico vitigno. Però subito osserva che alcuni vini assemblati – e cita Rioja, Bordeaux, Champagne, Languedoc-Roussillon, Rodano, Chianti, Douro – sono altrettanto importanti, perché “i produttori hanno capito che un blend offre la possibilità di creare un vino più equilibrato e più complesso. Un buon vino ha bisogno di acidità, colori, tannini, aromi, eleganza, corpo e un gusto molto raffinato. Un vino deve avere armonia del gusto”. Dunque, ha deciso di tentare la via del vino pluricultivar, dell’uvaggio, del blend, della cuvée, selezionando partite di produttori di sua fiducia in giro per l’Italia e assemblandole insieme a loro.

“Voglio far capire molto chiaro – mi dice Paul – che non ho l’intenzione di dire che i vini monovitigni non possono esistere. Anzi, sono importanti e se avrò la fortuna di avere una cantina mia li farò anch’io. Però credo che sia molto utile guardare il mondo del vino anche con lo scopo di fare vini di un assemblaggio di vari vitigni. Credo che questo modo di guardare in qualche zona in Italia sia dimenticato. Parlo sempre di un blend di vini (non di un singolo vigneto) e di vini messi insieme con molto cura. Così possono nascere vini di grande qualità che dimostrano il loro aspetto territoriale. Non è mia intenzione dire che ogni vino dovrebbe essere un blend. Perché c’è un mercato per i vini monovarietali e le aziende hanno bisogno di vendere i loro vini. Ma il concetto di blend può dare impulso anche a territori e regioni vinicole che fino ad ora sono rimasti distratti“.

C’è poi un altro aspetto che, in tempi di radicali cambi climatici e di innalzamenti delle temperature, può venire buono. “Fare un blend – afferma Paul – non è solo una questione di gusto. È anche un modo per produrre un vino con una minore gradazione alcolica. Il mio primo vino bianco, ad esempio, ha solo 12,5% di gradazione alcolica, ma offre comunque una complessità e una longevità sorprendenti che fanno pensare a vini con livelli più alti”. Ha perfettamente ragione, riguardo al suo vino del Collio sloveno.

Qui sotto, scrivo due note del bianco in questione e degli altri tre vini assemblati da Paul Balke. Nel complesso, una buona prova d’assieme, soprattutto dal lato della territorialità. Promessa mantenuta, dunque.

Goriška Brda Belo 2015 Paul Balke. Collio sloveno. Sauvignonasse, rebula, pinot bianco e pinot grigio. Paul dice che bisogna aspettare che si apra nel calice, ma a me piace da subito. Vino serio e nel contempo facile da bere, è in bottiglia da fine 2017. È posato, pacato, ha sale più che acidità. Il tono di mandorla gli dà gastronomicità. (90/100)

Collio Bianco Riserva 2019 Paul Balke. Collio goriziano. Pinot bianco, friulano, sauvignon, malvasia, ribolla gialla. Mi si dice che è un vino pensato per dare il meglio di sé nel tempo. È in bottiglia da sei mesi. Ha una sapidità consistente e una nota piccante di zenzero che lavorano per tenere a bada la struttura imponente. (87/100)

Puglia Rosso 2021 Paul Balke. In anteprima dalla vasca. Negroamaro, primitivo, uva di Troia, susumaniello, malvasia nera. Terroso e speziato come voglio che sia un vino rosso di quelle terre che guardano ad oriente. Ha un tannino dalla trama fitta e granulosa. Andrà in bottiglia a fine settembre. A mio parere, promette bene. (89+/100)

Piemonte Rosso 2017 Paul Balke. Nebbiolo, freisa, barbera e croatina. S’impone il carattere scontrosissimo della croatina. Selvatico, rustico, ma nello stesso tempo sospinto alla gastronomicità dal fruttino asprigno e da un che, ancora, di sapidità. Andrebbe servito quanto meno a temperatura di cantina, se non sotto. (86/100)