Sia benedetto il Bouzeron (l’aligoté dei de Villaine)

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C’è da felicitarsi per la riscoperta dell’aligoté, vitigno che ha rischiato seriamente non dico di sparire, ma quantomeno di finire in serie B o C. Anche su queste pagine abbiamo raccontato di come una giovane generazione di produttori stia riflettendo sui metodi produttivi, sui migliori terreni e su come restituire la sua nobiltà a un’uva che per anni è stata oscurata dalla fama del principe dei bianchi di Borgogna, lo chardonnay. In realtà molti aligoté non hanno nulla da invidiare a vini ben più costosi e difficili da reperire, ragione ulteriore per dare loro la giusta attenzione.

Questo Bouzeron è fatto con l’aligoté ed esce dalla cantina di una famiglia mitica, i de Villaine, co-proprietari di una certa Romanée-Conti. Con molta umiltà qui si è sempre prodotto un aligoté esemplare, tagliato per durare e migliorare nel tempo. Questo 2014 (a proposito parliamo sempre della annata che la critica anglosassone ha giudicato disastrosa, con buona pace loro) è uno tra gli aligoté più minerali che mi sia capitato a tiro. All’apertura si è avvolti da note di pietra focaia, che poi sfumano nella più tipica clorofilla, nella mela verde e nell’uva fresca. La bottiglia è particolarmente felice, la precedente non era così pimpante, ma forse è proprio vero che servono alcuni anni al vino per ritrovarsi. Se lo devo definire direi che si segnala perché è fatto di sottrazioni, è come se fosse stato tolto tutto il superfluo per arrivare dove si è arrivati. Parlerei di suggestioni piuttosto che di affermazioni. Così come il suo produttore, è un vino educato, austero, salino e con un forte ritorno di sensazioni verdi. Il fatto che sia delicato non significa che sia corto, anzi. Miele, spezie e sale si ripropongono senza fretta nel finale che è sorprendentemente persistente.

Bouzeron 2014 Aubert et Pamela de Villaine
(92/100)

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