Non c’è più motivo di fare certi vini (se mai c’è stato)

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Mi arrivano abbastanza di frequente vini da assaggiare. Fa parte del mestiere. Magari dopo questo pezzo ne arriveranno di meno, ma me ne farò una ragione. Il fatto è che certe volte quando assaggio certe bottiglie mi tocca guardare il calendario, per capire in che anno siamo, perché i vini che ho nel bicchiere sembrano fermi in un tempo che grazie al cielo non c’è più.

Qualche giorno fa, per esempio, ho stappato un rosso toscano che m’era stato spedito tempo addietro. Non cito il produttore, non è necessario. Dico solo che era un rosso di quelli che dieci o vent’anni fa si usavano definire “di gusto internazionale”. Scurissimo, quasi nero, il tannino feroce, il rovere invadente, la tostatura gridata, l’eucalipto che non si capisce che cosa c’entri, una massa di alcol bruciante, la marmellata densa.

Non so chi beva ancora questi vini. Per carità, se li fanno, magari riescono anche a venderli, ma non capisco a chi possano interessare, ai giorni nostri. Di certo non li bevo io. Li trovo semplicemente imbarazzanti. Mi domando perché continuare a produrli. Forse perché altro non si sa fare. Il che è piuttosto triste.