Nella ristorazione mi piacciono le storie di famiglia

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Nella ristorazione, mi piacciono particolarmente le storie di famiglie, quelle che vedono alternarsi in sala, in cucina e in cantina componenti diversi della stesso nucleo familiare, in modo tale da trasmettere all’ospite un pensiero e uno stile condivisi e corali. Per questo motivo, quand’ho saputo che il nuovo cuoco del ristorante La Casa degli Spiriti, locale dai panorami mozzafiato, sulle colline veronesi di Costermano sul Garda, in passato sede dell’attività di professionisti di valore e di esperienza che lo portarono anche a ottenere la stella Michelin, è un ragazzo di neanche ventidue anni, Filippo Chignola, figlio dei proprietari Sara Squarzoni e Federico Chignola – con l’altro figlio, Lorenzo, a curare la scelta dei vini -, mi ci sono voluto recare. Ebbene, la prima impressione, e credo la più significativa, è che se non avessi conosciuto l’età di Filippo, dai piatti che si sono succeduti al tavolo avrei pensato a una persona più avanti negli anni, stante la mano ferma e matura che mi hanno dimostrato; che so, un trentenne che sta salendo all’apice del proprio percorso. Insomma, non ho intravisto quegli eccessi d’asperità che a volte possono contrassegnare l’entusiasmo giovanile, e anzi ho incontrato un approccio sì fresco nell’esecuzione e nelle idee, ma al contempo posato e per certi versi anche classico. Ne sono rimasto molto sorpreso. Favorevolmente sorpreso, intendo, e dunque ho aspettative sul futuro, tant’è che intenderei tornare dopo l’estate, per vedere come si sappia cimentare con i sapori autunnali.

C’è da dire che di esperienze il giovane cuoco – tatuaggio sugli avambracci come si usa fra i ragazzi d’oggi e sguardo dritto, determinato e puntuto – se n’è già caricate sulle spalle, poiché dopo la scuola alberghiera a Riva del Garda e un corso d’alta formazione a Tione, tutt’ed due località trentine, è andato a far gavetta in vari locali e soprattutto in due templi del gusto come il Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo e l’Hiša Franko con Ana Ros, girando tutte le partite; d’altro canto, per tradizione e tirocinio familiare, sa perfettamente che fare cucina è un mestiere di fatica, soprattutto quando guidi una brigata di parecchie persone, come alla Casa degli Spiriti. Mi pare che il percorso abbia dato frutto; ovvio che mi aspetto ne dia sempre di più.

Ora devo dire di quel che ho gustato.

Stanti le premesse, mi sono molto piaciuti due piatti che sanno di famiglia, per motivi diversi, e cioè il riso al nero di seppia con la seppia cruda e il limone bruciato e gli gnocchi al pomodoro, che detti così sembrano un piatto semplice, e invece li ho trovati travolgenti: la prima delle due ricette di Filippo è un omaggio al padre, “che quand’ero piccolo e mangiavamo a casa ci faceva sempre il risotto al nero di seppia, e allora io ho voluto rifarlo a modo mio” mi ha detto Filippo (ed è un rifacimento molto riuscito); il secondo è dedicato alla nonna e concentra il gusto degli gnocchi della tradizione in certe candide sfere di patata, colme di liquida salsa al sapore di pomodoro, da guarnire con un siero di parmigiano (e qui mi è quasi scattato l’effetto della madeleine proustiana). Indovinata, per me, anche un’altra scelta dal sapore “di casa”, ossia servire i lievitati – grissini, cracker e pani – come portata a sé, appena dopo il “carosello di benvenuto”, insieme con del burro unito all’olio extravergine d’oliva in centrifuga, in modo da trarne quasi una crema che ha il gusto avvolgente di certe lussuriose paste in bianco che si facevano una volta.

Gambero rosso, carota e pompelmo formano un indovinato contrasto di effetti dolci e amari, che hanno trovato continuità nel calice con il Tre Vie, un vino bianco che l’azienda agricola Monte Cimo ottiene dalle varietà piwi maris, rithos e kretos (richiamano il sauvignon blanc) nei vigneti d’altitudine coltivati sul monte Baldo, ossia nel territorio di appartenenza del ristorante. Mi complimento con Lorenzo per la scelta di servirlo a bicchiere, così come nell’aver accostato armoniosamente agli gnocchi lo Chardonnay Vom Kalk 2018 di Ignaz Niedrist. Peraltro, il massimo dell’unità di profumi, di sapori, e anche (e soprattutto) d’intenti progettuali fra cucina e sala, l’ho riscontrato quando sono arrivati in tavola il dessert e il suo accompagnamento liquido. Il dolce si chiama chocolate sensation e ha come ingredienti il cioccolato, la menta e il lampone. In genere, sono contrario ad accostare qualunque bevanda al cioccolato, essendo il cacao così intenso da risultare sovrastante; qui, addirittura, si aggiungevano l’aromaticità penetrante dell’erba officinale e l’acidità dei fruttini. Tuttavia, la rivistazione del cocktail old cuban proposta da Lorenzo ha trovato totale sintonia con il piatto di Filippo, il che mi fa pensare che i due fratelli di tempo ne investano parecchio a discutere tra loro su come i piatti possano stare con le bevande e viceversa; torno dunque all’asserto iniziale, ossia alla mia convinzione che i buoni ristoranti siano spesso sintesi di buone storie di famiglia.

Specifico che alla Casa degli Spiriti non si fa servizio alla carta, ma si sceglie invece fra tre menù degustazione (uno è di crudité di mare), che diventano sei, giacché ciascuno di essi viene proposto anche in versione “estratto”, con un numero più contenuto di portate.

Più informale, c’è anche un’osteria sul terrazzino. Si chiama Spiritino e ha una piccola lista a sé. La proverò.

Ristorante La Casa degli Spiriti -via Monte Baldo, 28 – Costermano sul Garda (Verona), tel. 045 6200766