Facciamo finta che il ProWein sia stato un successo

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Prima di tutto i numeri ufficiali. Il comunicato stampa della Messe Düsseldorf parla di una “ripartenza di successo” per il ProWein 2022, con 5.700 espositori provenienti da 62 paesi e più di 38.000 operatori da 145 paesi. Numeri grossi, anche se i visitatori sono stati molti di meno dei 61.500 del 2019 e dentro al gigantesco quartiere fieristico tedesco quei trentottomila finivano per diluirsi parecchio. Tant’è che molti dei corridoi dei padiglioni di sicuro non potevano dirsi affollati. Anzi, spesso erano quasi deserti, e tutt’al più ad animarli erano gli stessi espositori, che per vincere la noia andavano ad assaggiare i vini dei colleghi.

Che le aspettative non fossero comprensibilmente altissime, l’avevo già scritto. Rinviato anche quest’anno a causa della pandemia, il ProWein è stato riprogrammato decisamente troppo avanti, perché a metà maggio i contratti o li hai già sottoscritti, oppure il vino ti resta in casa, e comunque il Vinitaly era andato bene, e dunque molte relazioni commerciali erano già state perfezionate. In più, era ovvio che la crisi ucraina e le varianti del Covid galoppanti in Asia avrebbero inevitabilmente tenuto lontani molti operatori. Ma non pensavo che la fiera tedesca potesse mostrarsi così sottotono come l’ho trovata.

Soprattutto, stavolta s’è fatta desiderare la proverbiale efficienza tedesca. I bicchieri e il ghiaccio (strapagati in anticipo) arrivavano agli stand piuttosto tardi, a mattinata inoltrata. La telefonia e la connessione, la domenica, hanno avuto seri problemi. I bagnetti erano così striminziti che il distanziamento è risultato una chimera. Trovare del gel disinfettante era difficile (vero che i distributori c’erano agli ingressi dei padiglioni, ma spesso erano vuoti). Le code ai truck che sfornavano cibo nei piazzali erano sempre consistenti, e se avevi appuntamenti dovevi saltare il pranzo. Le navette per la fiera, in passato gratuite, sono diventate a pagamento. Per salire su un taxi a fine giornata espositiva dovevi stare in fila un’oretta sotto delle tettoie incandescenti. Perfino l’uscita dal parcheggio a silos degli espositori ha manifestato delle criticità cui non eravamo abituati, da quelle parti. Tutti segnali che fanno pensare che la doppia crisi pandemica e russo-ucraina abbia morso parecchio le carni vive della fiera, costringendo a tagli pesanti nei costi relativi ai servizi.

Comunque al ProWein non puoi non andarci” mi ha detto una produttrice che ho incontrato all’aeroporto di Düsseldorf, dopo che avevo buttato via un’ora e quaranta minuti in un’assurda, intollerabile, stipata, accaldata coda ai controlli di sicurezza, a causa di tre soli varchi aperti per una folla di espositori e operatori che tornavano a casa, e qualche sospetto che i voli fossero pieni dovevano pur averlo, no? E già mi era capitato, quattro giorni prima, di dover aspettare per un’ora un treno in ritardo. Roba che se cose del genere succedessero in Italia saremmo tutti qui a sparlare. Invece è successo in Germania, e no, nessuno pensava che potesse accadere anche là.

D’accordo, il ProWein “vero” sarà probabilmente quello del prossimo anno, che – pandemia permettendo – è programmato per le date più “tradizionali”, dal 19 al 21 marzo 2023, e dunque di nuovo prima di Vinitaly, che è in calendario dal 2 al 5 aprile. Ma adesso sono veramente in difficoltà a trarre delle conclusioni. Mi aspettavo, infatti, che la doppia tornata fieristica veronese e tedesca potesse fornire delle indicazioni chiare soprattutto sul futuro delle fiere del vino, messe in discussione, nei due anni della pandemia, dal fiorire di nuovi canali di promozione del vino. Ero in attesa di capire quali indicazioni sarebbero arrivate per il sistema vino italiano dalla fiera a più forte prospettiva nazionale, ossia il Vinitaly, e da quella a maggior propensione internazionale, il ProWein.

Indicazioni certe non ne vedo. Se non la solita, che forse si è ulteriormente rafforzata. Ossia che se sei un produttore italiano abbastanza giovane in cerca di clienti, allora la vera chance te la offre Vinitaly, a condizione che prepari la partecipazione alla fiera con larghissimo anticipo, e se invece sei un produttore italiano che già esporta, allora la presenza al ProWein, magari in sinergia con i tuoi importatori, è necessaria, e anche in questo caso devi comunque anteporre alla presenza fieristica una grossa preparazione. In entrambi i casi tuttavia, la domanda irrisolta è “come” partecipare. Perché a mio avviso gli stand aziendali, sia a Vinitaly che a ProWein, hanno sempre meno senso, mentre ad essere attrattive per i compratori sono le aree collettive, che fanno risparmiare tempo ai visitatori e quattrini agli espositori.

La domanda delle domande, a questo punto, è se le fiere siano disponibili e pronte a ripensare la propria logistica, in modo da favorire la radicale riorganizzazione delle presenze espositive. Temo di no, e questa potrebbe diventare la grande criticità delle grandi fiere del vino. Forse neppure in un futuro astratto. Magari già nel 2023. Comunque, mi prendo un impegno. Lunedì prossimo, 30 maggio, pubblicherò un primo pezzo su una mia ipotesi di “riforma” del Vinitaly. Come si usa dire, stay tuned.