Andrius, eccolo il Sauvignon

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Ciascuno ha i propri pregiudizi. Uno dei miei è quello relativo al sauvignon blanc coltivato al di fuori della Loira. Questo non vuol dire che non riesca ad apprezzare un buon Sauvignon che provenga da altri territori, e neppure, del resto, che tutti quelli che vengono dalla Loira siano per definizione impeccabili. Tuttavia, ai Sauvignon di altre terre mi avvicino con prudenza. Non sopporto, infatti, di trovarvi l’odore di verde immaturo e men che meno certi ricordi animaleschi, fattori che qualcuno improvvidamente definisce tipici e che invece sono difetti, denotando immaturità fenolica. Per me il buon Sauvignon ha un frutto maturo, tra la pesca bianca e il frutto della passione, un’acidità spiccata e una altrettanto netta sapidità, elementi che favoriscono l’invecchiamento. Perché un buon vino, di qualunque colore esso sia, deve saper invecchiare, e un ottimo Sauvignon ama il tempo.

Ora posso finalmente dire di aver incontrato un eccellente Sauvignon fatto dentro ai nostri confini nazionali. È l’Andrius della Cantina Andriano, la più antica tra le cantine sociali altoatesine, fondata nel 1893 e confluita nel 2008 nella Cantina Terlano, mantenendo tuttavia memoria della propria storicità in un marchio distintivo. Andrius è l’accezione latina di Andriano e il comune – un migliaio di abitanti sulla destra orografica del fiume Adige, proprio di fronte a Terlano, che sta sull’altra riva – ha i più estesi vigneti di sauvignon blanc del Sudtirolo, sulle erte che salgono in direzione del massiccio del Macaion.

Dell’Andrius ho avuto occasione di assaggiare in sequenza cinque annate insieme con l’enologo della cantina, Rudi Kofler, la più vecchia la 2011, la più giovane la 2020. Mi ha fatto molto piacere sentirgli raccontare non già di tecniche di vinificazione, bensì dei due elementi che sono essenziali per dare carattere a quel vino. Il primo, ovviamente, la perfetta maturità fenologica dell’uva. Il secondo i suoli. “Ad Andriano – spiega – il suolo gioca un ruolo fondamentale sulla impronta aromatica e qualitativa dei vini. Il filo conduttore è sicuramente un suolo calcareo che regala ai vini un’impronta minerale e sapida”. Suoli nati dall’amalgama tra il porfido quarzifero della conca di Bolzano e la dolomite e la pietra calcarea del gruppo della Mendola. Se si riscontra quest’influenza nel vino? Eccome, e le poche note che seguono credo lo attestino.

Alto Adige Sauvignon Blanc Andrius 2011 Cantina Andriano. Partire con la 2011 poteva essere piuttosto sfidante. Perché l’età comincia a essere avanti e perché l’annata fu precoce. “Ma fu anche sapida”, sottolinea Kofler. Eccome se lo fu, a sentire il vino, che trasuda irrequietezza, innervata su un frutto della passione fresco e gustoso. Piacevolissimo. Credo di averlo colto al culmine evolutivo. (90/100)

Alto Adige Sauvignon Blanc Andrius 2015 Cantina Andriano. Cambio di annata, cambio di assetto aromatico. Qui ecco comparire la mentuccia. Sotto, c’è una scattante indole agrumata. Sembra un vino di un anno o poco più e sfodera una rocciosa verticalità montanara che ti fa venire le vertigini. “I grandi vini devono avere una certa capacità evolutiva” dice Kofler. Questo ce l’ha. (92/100)

Alto Adige Sauvignon Blanc Andrius 2016 Cantina Andriano. Kofler mi ricorda che la 2016 fu considerata una grandissima annata in Alto Adige. Un’annata di equilibrio. I vini delle grandi annate evolvono con grazia e lentezza. Questo Sauvignon, per esempio, è solo all’inizio della propria carriera a già ti affascina con quella grinta che è difficile non definire minerale, poggiata com’è su sale e freschezza. (94/100)

Alto Adige Sauvignon Blanc Andrius 2019 Cantina Andriano. “Per me – sottolinea l’enologo – la 2019 è stata la più grande annata da vini bianchi degli ultimi vent’anni. L’uva ha avuto il tempo per maturare lentamente”. Ora che l’ho assaggiato, io dico che se dovessi scegliere un Sauvignon italiano da mettere a confronto con quelli di altri territori, prenderei questo. Stratificato, dinamico ed elegante. (96/100)

Alto Adige Sauvignon Blanc Andrius 2020 Cantina Andriano. Questo 2020 è ancora ai primi vagiti. La freschezza citrina scalpita dentro al bicchiere. Tornano le venature officinali, il frutto è lì che matura, il sale accompagna l’assaggio. Occorre lasciargli il tempo per crescere e prendere la propria strada, ma è come quando vedi un ragazzino che tira calci al campetto dell’oratorio e capisci che ha talento. (90/100)