Addio a Gianni Piccoli (Corte Gardoni) e gli devo tanto

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Anni fa lo definii il più borgognone dei produttori bardolinisti. Nel senso che Gianni Piccoli, a Corte Gardoni, là dove le morene gardesane guardano a sud, lungo l’asta del Mincio, ha sempre cercato la finezza unita alla bevibilità nel suo Bardolino, nel suo Custoza, in tutti i vini che faceva. Ahimè, parlo al passato perché Gianni Piccoli ci ha lasciati in questa vigilia di Natale, e adesso questa “mia” terra non sarà più come prima.

Gianni a Gardoni, nel comune di Valeggio sul Mincio, cominciò col coltivare piante di melo. Ogni anno, al tempo della raccolta, mi chiamava per darmene una cassa. Ne era particolarmente fiero, dei suoi meleti, che non ha mai estirpato, anche quando la popolarità gli è arrivata col vino. È stato uno dei primi a lavorare per cavare di dosso al “mio” amatissimo Bardolino quella nomea di vinello di poco costrutto che gli si era appiccicata qualche decennio fa. La scelta di Gianni, infatti, è sempre stata quella di lasciar perdere mode e timori reverenziali. Seguendo un modello preciso, e cioè quello di dare al Bardolino la succosità di certe bottiglie di Borgogna. Dunque, mai scopiazzando e men che meno asservendosi ai corpi opulenti che fecero tendenza negli anni Novanta.

Anzi, negli anni nei quali andavano di moda, sosteneva che no, lo stile bordolese, la barrique esagerata, il cabernet che si sente non sono figli di queste aree gardesane. Indicava sempre e solo la via borgognona. Al punto da mandare ogni anno i suoi tre bravi figli, Mattia, l’enotecnico, e Stefano e Andrea, periti agrari, a far vendemmia e vinificazione in Francia. Ovviamente Borgogna per i rossi, e poi l’Alsazia per i bianchi. Non per apprendere la tecnica, ma per capire il sentimento e il pensiero e trasfonderli poi, senza sudditanza alcuna, nella cultura veronese.

Ci andava anche lui, a volte, di là dalle Alpi. A vedere le vigne, ma anche a concedersi qualche bel ristorante stellato insieme alla moglie Stefania. Poi tornava a casa, e qui, vivaddio, parlava dialetto. Mi diceva convinto che il vino è fatto perché la bottiglia si apra e si finisca tutta, non per l’assaggio nelle degustazioni. Vino fine, ma da bere, e dunque snello, nervoso, scorrevole il giusto. Ne sono convinto anch’io, e questa convinzione la devo ad alcuni maestri che mi hanno insegnato qualcosa del vino, e lui è tra questi maestri e ne discutevamo nelle sere passate in taverna da lui a bere vino e a mangiare tortellini e polli ai ferri, come s’addice a chi sta – e vuole fermamente stare – a Valeggio sul Mincio, a chi insomma appartiene e vuole appartenere a un territorio. Che è il più bel complimento che si possa fare a un vignaiolo.


7 comments

  1. Rocco Lettieri

    Gianni Piccoli è stato uno dei primi produttori della sua zona (Mincio) a portare i suoi vini alla Unione Simpatizzanti del Vino di Cantù. A portarlo a noi fu il grande ADRIANO ROMANO’. Indimenticabili le sue lezioni anche sulle mele che coltivava come prima attività.
    Da questo spazio invio sentite condoglianze alla famiglia. RIP
    Grazie Angelo Peretti

  2. Maria Luisa Manna

    Carissimo Nereo, hai scritto un bellissimo testo, l hai scritto col cuore e grazie ancora per avermi chiamata…altra splendida persona che mancherà…

  3. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie per la tua testimonianza.

  4. Luigi Morandini

    A Gianni Piccoli.
    Uomo che ha contribuito a far conoscere ed amare il Custoza e il Bardolino, valorizzando il territorio delle nostre colline.
    Quando ne parlava si percepiva la passione e l’orgoglio di viticoltore.

  5. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie per la tua testimonianza.

  6. Cristina Geminiani

    Porgo le mie condoglianze sincere alla famiglia Piccoli, di cui mi parlava sempre con grande affetto ed amicizia il nostro comune amico Frank Splane.
    Certamente una persona di grande valore umano e professionale che mancherà al nostro settore.

  7. Angelo Peretti

    Angelo Peretti

    Grazie per l’affettuoso ricordo.

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