Fin da bambino sono stato ossessionato dall’equilibrio. Nei pomeriggi estivi, subito dopo pranzo, quando non era ancora l’ora di andare in spiaggia, passavo il tempo a mettere in equilibrio le sedie su una gamba sola o i cucchiai e le forchette sull’orlo dei bicchieri di vetro, o un sasso appoggiato di punta sul pavimento. Sono cresciuto con l’idea fissa che, se si vuole e ci si mette impegno, un punto di equilibrio lo si trova, sempre. Se non si vuole raggiungerlo, un punto di equilibrio ci sarà comunque, perché a imporlo sarà il conflitto, che però è meglio evitare.
Tutto questo per dire che certi vini trovano un punto di equilibrio solo apparentemente irraggiungibile. Per esempio, La Libertine della maison Doyard è uno Champagne dolcissimo, come lo erano gli Champagne delle origini (e ha la chiusura a spago dello Champagne delle origini), e trova un equilibro perfetto nell’ampiezza dei suoi profumi e nella tensione della sua acidità. Quando dico dolcissimo, mi riferisco ai suoi sessantacinque grammi di zucchero, che non gli impediscono, tuttavia, di poter essere goduto all’aperitivo così come durante una cena completa, e ribadisco completa perché, volendo, ci sta anche sul dessert (ma al dessert la bottiglia non ci arriva, garantisco). È uno Champagne raro (dodici anni di affinamento, assemblaggio di quattro o cinque millesimi, ricolmatura con vini di Champagne vecchi di almeno vent’anni tenuti in jeroboam), così come è raro trovare vini che sappiano raggiungere punti di equilibrio così sideralmente lontani dall’uso comune. Un capolavoro.
Champagne Doux La Libertine Doyard
(96/100)