I sogni di gloria offuscati dei vini del Nordest

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È interessante l’esame di quel che una rivista di grosso impatto internazionale come Wine Spectator pensa del vino italiano. Soprattutto perché gli Stati Uniti sono il maggior mercato mondiale del vino e Wine Spectator è, appunto, il magazine del vino per eccellenza in terra americana.

L’occasione per un’analisi della valutazione dei vini italici viene da “The Year in Wine: 2018 in Perspective”, che è una tabellona contenuta nel numero di febbraio. In questa tabella, per le maggiori aree vinicole del mondo si fornisce la percentuale dei vini che nel 2018 hanno ottenuto un “classic score” da 95 centesimi in su, e poi delle etichette con dei punteggi “outstanding” fra 90 e 94 e giù a seguire nelle categorie dei “very good” fra 85 e 89 e più sotto di quelli fra 80 e 84 e, fanalini di coda, anche quelli fra 50 e 79, che nessuno si fila.

Per l’Italia, la suddivisione per aree comprende il Piemonte, la Toscana, il resto del Nord, il Centro e il Sud. Prima di tutto, però, vediamo com’è andata l’Italia nel suo complesso. Ebbene, durante gli assaggi effettuati nel 2018 dai critici di Wine Spectator è stato il 5% dei vini italiani ad avere un punteggio da 95 punti in su. Un ottimo risultato, secondo solo alla Francia, che ottiene un bell’8%. Il 45% dei vini italiani si piazza fra 90 e 94. Il che vuol dire che il 50% delle nostre etichette vale almeno 90 punti, ed è un risultato di tutto rilievo. I vini di basso livello, per converso, sono meno dell’1%.

Però c’è una grossa differenza da zona a zona. Se guardiamo ai super-vini da 95 centesimi in su di rating, la Toscana ne ha il 9%, il Piemonte l’8%, il resto del Nord (e dunque inclusi il Veneto, il Friuli, la Lombardia e il Trentino Alto Adige) appena l’1%, e il resto dell’Italia è addirittura sotto l’1%. Andando a vedere i vini fra i 90 e i 94 punti (se hai meno di 90 centesimi non aspettarti la fila di acquirenti che bussano alla porta), la Toscana piazza in questa fascia il 62% delle proprie bottiglie, il Piemonte il 54% e il resto del Nord solo il 34%, mentre l’Italia Centrale (ovviamente Toscana esclusa) ne ha il 23% e il Sud il 31%.

I dati appaiono preoccupanti soprattutto per il Nord extra Piemonte, che pure comprende la Lombardia del Franciacorta, l’Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia dei bianchi aromatici o possenti, il Trentino delle “bollicine di montagna”, il Veneto dell’Amarone e della corazzata Prosecco, per fare qualche esempio. Vini più o meno di successo sui mercati internazionali, e a volte anzi di travolgente successo, certo, ma che evidentemente destano più moderati brividi fra i critici e dunque non mettono in bacheca un grandissimo numero di successi sul fronte del wine writing internazionale. Qualche riflessione è certamente bene farla da quelle parti, e magari soprattutto a Nordest. I sogni di gloria, al momento, vanno probabilmente un po’ rivisti.