Nel 2024 la grande distribuzione italiana ha venduto 753 milioni di litri di vino. Se tutti quei litri di vino fossero stati in bottiglia da 0,75, si tratterebbe di un miliardo di bottiglie. Si sa che la gente beve meno, ma il dato fa comunque impressione. Tra i vini davvero in bottiglia da 0,75 (e dunque non in cartone, in bag in box o in dama), la tipologia che ha venduto di più è stata quella del Prosecco. Mettendo insieme la doc e le due docg, l’anno scorso i supermercati italiani hanno venduto 66 milioni di bottiglie di Prosecco, che sono tante, eppure non rappresentano neanche un decimo del totale del vino venduto. Però sono quasi la metà di tutto lo spumante venduto, che, se non ho fatto male i conti, ammonta a quasi 150 milioni di bottiglie.
Di solito, i detrattori del Prosecco dicono che sì, vabbé, vende tanto, ma a prezzi bassi. Dati alla mano, al supermercato il prezzo del Prosecco non è poi così basso. Infatti, in Italia il vino a menzione d’origine in bottiglia, ossia tutto quanto è Doc, Docg e Igt, ha un prezzo medio di vendita di 5,57 euro al litro. Dai miei calcoli, il Prosecco è a 5,48, e dunque sostanzialmente in linea con la media. Questo significa che c’è parecchio vino a menzione protetta che costa molto meno del Prosecco, il quale garantisce ai viticoltori dei redditi che altrove si sognano. Anzi, il Prosecco consente di avere dei redditi che sono un’utopia quasi ovunque, salvo poche, felicissime eccezioni.
Tutti i numeri che ho citato qui sopra li ho desunti dalle anticipazioni che ha fornito la società di ricerca Circana in vista di Vinitaly. Ogni anno, la presentazione del suo report è uno dei momenti di approfondimento più interessanti all’interno del programma della fiera veronese, perché il suo è l’osservatorio privilegiato di come va il vino nella grande distribuzione italiana, la quale rappresenta il canale di vendita più importante per il settore vinicolo e offre una fotografia molto chiara delle preferenze degli italiani in fatto di vini; ovviamente, degli italiani non enofighetti, perché quelli il vino non lo comprano al supermercato.
Mi sono concentrato sul Prosecco perché è la referenza più venduta in undici regioni su venti, è la seconda in altre cinque ed è comunque terza o quarta in tutte le altre. Insomma, il Prosecco si beve dovunque. Nel 2024 è perfino cresciuto del 4,7% in volume. Peraltro, va bene anche il metodo classico, che, mettendo insieme il Trento, il Franciacorta, l’Oltrepò e tutto il resto, sfiora i 10 milioni di bottiglie, le quali sono in aumento del 3,8% sull’anno precedente, ma rappresentano solo il 7% degli spumanti venduti. Ovviamente, il prezzo medio del metodo classico è superiore a quello del Prosecco, e dai miei calcoli si colloca sui 13,84 euro. Questo dato può riaccendere il brusio dei detrattori del Prosecco, che lo additano come un vino troppo cheap, per dirla con gli americani. Tuttavia, vorrei ricordare che la produzione di metodo classico presupppone una minor resa in uva per ettaro rispetto al Prosecco, nonché un tempo enormemente maggiore di sosta in cantina del vino e un peso più consistente delle bottiglie, che costano dunque di più, nonché vari altri oneri logistici che impattano molto sulla redditività dei produttori. Bisognerebbe dunque ragionare sui margini economici, e quelli del Prosecco non mi sembrano poi così piccoli, cosicché torno al ragionamento che ho già fatto, ossia che in tante zone d’Italia guadagnare dalle vigne tanto quanto il Prosecco è una irraggiungibile chimera.
Tutto questo mentre il vino, nel suo complesso, vende di meno. Secondo Circana, il settore ha chiuso il 2024 con un calo dell’1,3% a volume, che per gli ottimisti è in parte compensato da un +2,2% a valore. Peraltro, la crescita dei prezzi, osservo io, non riesce ad assorbire del tutto il trend dell’inflazione e il livello dei tassi di interesse sulle esposizioni bancarie. Qualcuno potrebbe osservare che c’è comunque un dato consolatorio, ossia che la gente beve meno, ma beve meglio, facendo leva, per sostenere questa tesi, sul fatto che i vini fermi a menzione protetta sono cresciuti in volume dello 0,7%. Chi si contenta, magari gode.
In considerazione del fatto che, come ho detto sopra, e come dice Circana, l’andamento delle vendite del vino in gdo fotografa le preferenze degli italiani in fatto di vini, io trovo più confortante una diversa constatazione, ossia che nel 2024 c’è stato un incremento delle vendite di vino in bag in box, cresciuto in volume del 7,9%. D’accordo, si tratta “solo” di 22 milioni di litri, ossia il 3,5% del vino venduto (dal calcolo ho tolto gli spumanti), ma sembra un primo interessante segnale di un pubblico che si abitua, man mano, ai formati alternativi. Se sono rose, lasciamo che fioriscano.