Portatevi a casa i bianchi altoatesini del 2020

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Che una rondine non faccia primavera lo afferma la saggezza popolare. Che sei bottiglie non siano in grado di offrire il quadro di un’annata in un’area vitivinicola sfaccettata come l’Alto Adige è altrettanto ovvio, tuttavia i sei campioni del 2020 che ho ricevuto dal Consorzio Vini Alto Adige e il successivo webinar, che ha visto come relatori, accanto al direttore consortile Eduard Bernhart, il sommelier Eros Teboni e quel mostro sacro dell’enologia sudtirolese che è Hans Terzer, mi ha permesso di farmi un’idea di massima. E quest’idea di massima mi dice che la 2020, per i bianchi altoatesini, è un’annata di quelle che piacciono a me, generatrice di vini di lodevole potenziale di affinamento, grazie a una freschezza (e a una piccantezza, se mi si passa il termine) piuttosto consistente.

Essendo stata un’annata di acidità spiccata, è chiaro che la maturazione dei vini risulti più tardiva rispetto a quelle di precedenti millesimi, ed è altrettanto chiaro che i vini giocano più la carta della dinamicità che quella dell’opulenza, cosa che mi risulta graditissima. Dunque, se avete in mente di far tappa nelle vallate dell’Alto Adige per far provvista di bottiglie, sappiate che acquisterete bottiglie che hanno bisogno di qualche po’ di attesa, prima di essere al massimo della loro espressività. Peraltro, di far provvista mi sentirei di consigliarlo, e soprattutto per i bianchi che vengono da due vitigni: il mio amatissimo sylvaner e il gewürztraminer, che generalmente non è invece molto nelle mie corde.

Il Sylvaner è il vino che, a mio avviso, meglio esprime tutto il carattere aristocraticamente nervoso della Val d’Isarco, anche se molti gli preferiscono il più aromatico e immediato Kerner. Invece secondo me il Sylvaner della Val d’Isarco, nelle sue migliori espressioni, è uno dei vini bianchi più eleganti che si trovino dentro ai confini dell’Italia. Quello che ho assaggiato (e poi bevuto) me lo conferma, ed è il Sylvaner 2020 di Pacherhof. Questo vuol dire che quest’estate su in Val d’Isarco mi ci dirigerò anch’io, e cercherò tra le cantine che di solito danno i Sylvaner più avvincenti, perché è sicuramente annata che merita, questa 2020.

Negli ultimi anni ho invece avuto un rapporto difficile con il Gewürztraminer, che è stato spesso spinto verso il massimo possibile dell’opulenza, producendo bianchi profondamente aromatici e soprattutto quasi masticabili, per la loro grassezza. Il che non è il mio modello di vino. Tuttavia, il Gewürztraminer Joseph 2020 di Hofstätter che ho avuto nel calice mi ha fatto sobbalzare. Sarà magari l’effetto per me positivo dell’annata, ma in questo vino i quattordici gradi e mezzo di alcol dichiarati dall’etichetta neppure si avvertivano, stante una spina acida che innervava piacevolmente il sorso. Se questa è la nouvelle vague del Gewürztraminer, i vignaioli dell’Alto Adige hanno conquistato un nuovo fan.

Ora, non voglio certo sminuire gli altri vini e gli altri vitigni, ma non voglio tirarla troppo per le lunghe. Dico che se nel 2020 sia il mio vitigno altoatesino preferito, sia quello che mi è in passato risultato più ostico, hanno entrambi dato simili risultati, be’, l’annata dev’essere davvero di quelle davvero buone, per i bianchisti. E ascolto dunque Eros Teboni quando afferma che è stata un’annata abbastanza classica (siano benedette le annate classiche) e Hans Terzer quando ricorda che dal punto di vista agronomico l’annata “non è stata tanto facile” perché è piovuto in epoca di raccolta dell’uva e dunque si è dovuta anticipare la vendemmia e fare una considerevole selezione, “ma ormai hanno capito tutti che bisogna portare in cantina solo uva sana”. Dunque, “è arrivata solo l’uva sana, forse con meno zucchero delle annate precedenti e con più acidità”. E per una volta anche le decisioni forzate dalla pandemia hanno avuto anche un esito felice, perché il Consorzio aveva deciso di abbassare le rese, per far fronte alla minore domanda, ma l’aver scelto di produrre di meno “ha dato una mano in un’annata difficile”. Insomma, la quadratura del cerchio. Che i protagonisti hanno rappresentato con serietà e trasparenza, nel webinar cui ho preso parte. Il che non sempre e non ovunque accade.