I piatti da scarpetta e l’Osteria di Torre a Cona

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Purtroppo questa recensione è un po’ tardiva e credo rimangano solo pochi giorni, prima della lunga pausa invernale, per chi volesse recarsi a godere della bellezza e delle bontà che ci sono a Torre a Cona e nella sua Osteria, di cui ho comunque accennato la scorsa settimana, soffermandomi soprattutto sui vini. Consiglio di mettere in agenda una visita per la prossima primavera. Come scrivevo, qui hanno trovato nuova casa Maria Probst e Cristian Santandre, che prima erano stati alla Tenda Rossa di Cerbaia in Val di Pesa, un mito della ristorazione toscana. “La loro cucina – sottolineavo – qui ha la pace della vita agreste e la schiettezza delle campagne, solida e appagante, e s’avvale del plus, così raro da trovare, d’un servizio colto e signorile”. Per il servizio di sala, l’encomio è per il sommelier Maxime Walkowiak, francese, che, pur di giovanissima età, ha nel proprio palmares esperienze internazionali di valore. Leggo che nel settembre del 2015 venne presentato come sommelier del mese dalla Riedel, e allora era già l’head sommelier del The Waterside Inn a Bray, nel Berkshire, Regno Unito.

L’Osteria di Torre a Cona ha trovato spazio da maggio 2021 nella vecchia limonaia del palazzo settecentesco di Torre a Cona. La sala è semplice, rusticamente elegante, linda e accogliente. Il locale dispone di un dehors davvero affascinante, all’ombra di alberi secolari, punteggiato dai glicini. Il menù è votato alla tradizione e alle materie prime toscane. Più che toscane direi addirittura del posto, giacché molte provengono dalla stessa tenuta. Riguardo all’offerta di cucina, come dice giustamente il sito internet, “solo il tempo definirà quali piatti diventeranno i ‘classici’ di Torre a Cona“. Giusto, l’apertura è troppo recente. Tuttavia, io che ci sono stato dico che conto di ritornarci appena possibile. “Ci siamo trovati subito in sintonia con l’idea della proprietà, che è quella di fare in modo che cucina e vino stiano bene insieme” mi ha raccontato Maria Probst, con quel suo accento tedesco, bavarese, spiccatissimo, che magari di primo acchito suona un po’ strano, quando ti si dice che qui si fa cucina territoriale, e poi invece diventa rassicurante, appena constati la perfetta “lettura” della ruralità che viene offerta. “Vogliamo fare piatti da scarpetta, non solo da assaggiare, ma da mangiare. Per troppo tempo si sono fatti piatti monoporzione da assaggio, adesso facciamo piatti di conforto” ha aggiunto. Evviva.

Il primo dei piatti “confortanti” che ho ricevuto è stata l’acciuga grigliata con la salsiccia, servita con un’insalatina rinfrescante dai profumi estivi. Quando dico che l’acciuga era grigliata “con” la salsiccia, intendo che pesce e salume costituivano un unicum, l’uno la farcia dell’altro. Preparazione apparentemente popolare, di solidità notevole e in sé geniale. Poi ho avuto i pici con il ragù bianco di cinta senese. Succulenti e ghiotti, e quando ho osservato che la porzione era piuttosto generosa, mi è stato fatto notare che “noi siamo un’osteria”. Che dire, bravi, rispettosi di una filosofia campestre, che ben s’intona con l’appartenenza. Quindi, la coda di bue. A me piace la coda di bue, e certamente si tratta di una di quelle componenti del quinto quarto che impegnano. Ebbene, l’ho trovata, insieme, decisa di sapore e delicata nell’impatto, il che mi fa pensare a una cottura lentissima e paziente, per conservare ed esaltare ogni succo e ogni afrore. Perché, come mi ha confidato, sorprendendomi un po’, la cuoca, “non ci si può più inventare nulla” e dunque è il momento di riappropriarsi dei luoghi e di quanto offrono. “La coda è stata al mio primo posto quando ho pensato al ritorno” ha aggiunto. E poi confessa di trovarlo, questo taglio, “una goduria”, il che desta la mia totale condivisione.

La carta dei vini è toscaneggiante. Nel senso che è pressoché tutta dedicata alla regione. Con uno spazio ovviamente riservato alle etichette di Torre a Cona, proposte anche in verticale, cosa abbastanza rara. Molto bene.

Osteria di Torre a Cona – via Torre a Cona, 49 – Rignano sull’Arno (Firenze) – tel. 055 699000