In Norvegia l’appassimento piace di meno, ohibò

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Toh, anche in Scandinavia incominciano pian piano a bere meno “vinoni” alcolici e zuccherosi. Lo leggo sul Corriere Vinicolo, organo di stampa dell’Unione Italiana Vini. Scrive che l’Italia cresce ancora presso i Monopoli della Svezia e della Finlandia, specialmente con gli spumanti, e a mio avviso più che di spumanti forse sarebbe il caso di parlare più direttamente di Prosecco, ché ormai le bollicine veneto-friulane impazzano anche lassù. Ma quest’Italia che esporta nell’estremo settentrione europeo “si perde per strada in Norvegia – annota il magazine dell’Uiv -, dove gli anni consecutivi di decrescita sono ormai tre” e in più pare che al Vinmonopolet sia in corso quella che viene definita una “involuzione” delle vendite dei vini da “appassimento”. Ma in questo caso non si deve invece pensare alle denominazioni come l’Amarone o il Ripasso della Valpolicella e neppure, che so, lo Sfursat valtellinese o cose del genere, bensì alla miriade di igt “appassiti” di varia italica origine, dal Nord al Sud, che hanno imperversato in questi anni.

Cambiano le cose del vino, cambiano. Lentamente ma cambiano.