Non potrete fare a meno di questi sparkling inglesi

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Credo che quando i bevitori italiani di bollicine scopriranno gli English sparkling sarà un colpo di fulmine, simile a quello scoccato qualche anno fa tra i bevitori di vini bianchi e i vini del Jura. Il fatto è che in Italia piacciono soprattutto le bollicine fatte col metodo classico che siano secche, verticali, tese, affilate, e gli spumanti inglesi sono proprio fatti così, e sono fatti benissimo, in grado di competere a livelli altissimi. Ne ho avuta la conferma assaggiando, alla London Wine Fair, tre vini della cantina Sandridge Barton, che ha sede a Stoke Gabriel, nel South Devon, sud-ovest dell’Inghilterra.

Però prima di dire dei vini che ho assaggiato, e che mi sono molto piaciuti, voglio dare qualche cenno della storia aziendale, perché non si deve pensare che i vini inglesi – fermi o con le bolle che siano – rappresentino nient’altro che una novità degli ultimi anni segnati dal cambiamento climatico, che siano figli di aziende prive di storia vinicola. È vero che il mutamento del clima sta spostando le vigne verso nord, ma nel caso di questa cantina l’inizio della produzione vinicola risale agli anni Ottanta, quando di climate change non si parlava. Fu allora che Maurice e Ruth Ash, titolari dell’azienda agricola Sharpham, acquistata negli anni Sessanta per allevarci vacche Jersey portate fin là in treno dall’Essex, vollero provare a piantare qualche ceppo di vite sui pendii rivolti a sud che guardano il fiume Dart. Testarono tredici varietà diverse e quella che sembrò dare i risultati più promettenti fu la semisconosciuta madeleine angevine, con la quale venne costituito il primo vero vigneto. Alla fine del decennio uscirono i primi vini con il marchio Sharpham Wine e ricevettero un’accoglienza incoraggiante. Negli anni Novanta, l’attività venne presa in mano da Mark Sharman, nipote degli Ash. Piantò nuove vigne di varietà diverse, tra cui il pinot nero. In quello stesso periodo vi fu un altro ingresso fondamentale, quello di Duncan Schwab, che subito si occupò dei vigneti, ma presto passò in cantina come winemaker: oggi è l’enologo capo e l’amministratore delegato dell’azienda. Con il tempo, incominciarono a fioccare i premi e i due, Mark e Duncan, pensarono di estendere l’attività. Alla metà degli anni Duemila misero gli occhi sulla tenuta di Sandridge Barton, di là dal fiume Dart. Funzionò, e venne riallocata lì anche la cantina. La prima vendemmia del nuovo corso fu quella del 2020. Ora ne ho bevuti i vini con le bollicine e, come ho detto, ne sono stato molto favorevolmente impressionato. Ne accenno qui di seguito.

Sparkling Wine of England Blanc de Noirs 2020 Sandridge Barton. Tutto pinot nero, dosaggio zero. A chi predilige il metodo classico che si usa definire verticale, e dunque teso e quasi tagliente, questo vino piacerà un sacco. Però c’è anche un frutto notevole: è gustoso, c’è polpa, c’è sostanza. La pulizia, poi, è considerevole. Il venti per cento del vino base sta per sei mesi in barrique usate; sui lieviti il vino ci sta per ventiquattro mesi. (93/100)

English Quality Sparkling Wine Classic Cuvée Sharpham 2021 Sandridge Barton. Cinquantadue per cento di pinot nero, trentasette di pinot grigio, sette per cento di chardonnay, quattro per cento di vini di riserva. Metodo classico, diciotto mesi sui lieviti, un quarto del vino base sta in barrique per sei mesi. Un grammo e mezzo di zucchero residuo, pressoché impercettibile, stante la freschezza vibrante. Credetemi, è buonissimo, lo vorrei subito, qui, per il mio aperitivo. Agrumi, buccia di arancia sanguinella, fruttini di bosco succosi. Rotondo e infinito nella persistenza. (94/100)

Wine of England Figgie Daniel Madeleine Angevine & Pinot Blanc Col Fondo 2022 Sandridge Barton. Sissignori, in etichette c’è scritto proprio Col Fondo, in italiano, ed è dichiaratamente ispirato ai Col Fondo del territorio prosecchista, ma calibratissimo. Qui si potrebbe discutere a lungo sul perché e sul percome il mondo del Prosecco non abbia voluto proteggere a livello regolamentare lo storico nomignolo dato al vino della tradizione, però il dibattito servirebbe solo a sviare l’attenzione da questo vino inglese frizzante che è buono, tanto buono, e accidenti se è buono. Viene fatto con quell’uva poco nota di cui ho detto sopra, la madeleine angevine, e con il pinot bianco, ed è agrumatissimo e ovviamente secchissimo e ha una persistenza da fare invidia. (90/100)

La sintesi? Che se qualcuno si mettesse a importarli, io mi metterei ad acquistarli, tutti e tre.