Lasciate che la regina si ribelli

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Quella della Vernaccia di San Gimignano è una denominazione da poco meno di cinque milioni di bottiglie, e dunque relativamente piccola nel mare magnum del vino toscano; inoltre, è dedita al vino bianco in una regione produttivamente orientata al rosso, e in tal modo rappresenta una specie di anomalia, che la rende ancora più interessante. “Regina Ribelle” è la bella definizione che il Consorzio di tutela ha coniato per la Vernaccia di San Gimignano e per la rassegna di presentazione delle nuove annate che sono entrate o stanno entrando in commercio: partecipandovi ho potuto toccare con mano lo stato dell’arte della denominazione. Dico peraltro, in prima battuta, che il contesto è florido: grazie al turismo, il mercato della gran parte dei produttori è prevalentemente locale e dunque disintermediato, con connesso beneficio economico per le azende; i prezzi sono decisamente buoni e tra i produttori si riscontra – o almeno questa è l’impressione che ho tratto dai momenti di incontro singoli e collettivi – un clima di unità che è raro trovare simile in altri territori.

Per quanto riguarda i vini, posso dire che il peso estrattivo insito nella varietà autoctona favorisce una gradevole profondità del sorso, trovando al contempo uno slancio raffrescante nella sapidità e in certe inusuali vene piccanti, più che nell’acidità (posso sbagliarmi, ma la mia impressione è che se la Vernaccia “pare” fresca di acidità, questo è dovuto soprattutto al ph naturalmente basso, e non al lato acido in sé). Dunque, è su questi aspetti che ha fondamento la “ribellione” evocata dalla titolazione dell’anteprima, e quelle che a me sono parse le bottiglie migliori lo attestano in maniera chiara e talvolta anche in modo entusiasmante.

Tuttavia, ho avuto l’impressione che una parte del mondo produttivo locale il ribellismo della Vernaccia tenda a domarlo con interventi enologici che mirano, in certi casi, a vestirla di aromi tropicaleggianti o a spogliarla della tinta. Una simile propensione all’interventismo l’ho rilevato anche in alcuni vini della versione Riserva: in questo caso, infatti, non è raro percepire l’influenza organolettica del legno di affinamento, che rimanda a pratiche di cantina “internazionaleggianti” di un paio di decenni fa. Questo parziale conservatorismo trova riscontro nella quasi totale assenza del tappo a vite, per me incomprensibile in una denominazione votata al vino bianco, e oltretutto capace di proporre bianchi dal buon potenziale di affinamento almeno nei dieci anni di vita, prerogativa che dovrebbe spingere proprio verso la capsula a vite, in grado di esaltare la vocazione alla longevità; in moltissimi casi si fa uso, invece, di chiusure tecniche “a tappo raso”, evocative del sughero. Prendo atto delle scelte locali e le rispetto, ma mi permetto di rivolgere ai produttori l’invito a far sì che la Vernaccia si ribelli nel modo che le è più congeniale e sia lasciata pertanto del tutto libera di esprimere, senza bavagli o freni, la propria indole rustica, indomita e selvaggia. Da quanto ho potuto assaggiare e vedere, sono convinto che ve ne siano le concrete possibilità e che quell’unità di filiera che ho sopra evocato consenta di ambire a vette significative.

Ora dico della dozzina di vini che mi hanno più favorevolmente impressionato fra gli ottantotto campioni in degustazione.

Vernaccia di San Gimignano Riserva L’Albereta 2021 Il Colombaio di Santa Chiara. Un vino che dimostra tutto il potenziale della Riserva. Frutto, polpa, sale, agrumi, mineralità rocciosa. (95/100)

Vernaccia di San Gimignano 2023 Fornacelle. Dinamicissimo eppure anche di sostanza. Asciutto, a tratti gessoso, di lunga persistenza. Un bellissimo vino, austero e serio, di gran prospettiva. (94/100)

Vernaccia di San Gimignano Donna Gina 2022 Fattoria di Fugnano. L’anno di affinamento gli dona in complessità, in carattere e in gentilezza. Gesso, buccia di cedro, fiori secchi, sale. (93/100)

Vernaccia di San Gimignano Fontabuccio 2022 Vagnoni. Ha corpo e complessità. Fiori essiccati, tracce di spezie orientali, ruvidità pietrosa. Tra i frutti spicca la regina Claudia. (92/100)

Vernaccia di San Gimignano 2023 Vagnoni. La salinità è in primo piano e ravviva i ricordi di fiori gialli di campo, che emergono in elegante progressione, sino al finale asciutto. (92/100)

Vernaccia di San Gimignano Lyra 2021 Il Palagione. Austero e però insieme anche nervoso e umorale, tuttora in evoluzione giovanile. Sapido e denso di fiori cesellati. (92/100)

Vernaccia di San Gimignano Ventanni 2021 Palagetto. Il fiore secco della camomilla emerge in maniera nettissima e avvimcente. Poi, gli agrumi succosi. Un vino cristallino. (92/100)

Vernaccia di San Gimignano 2021 Podere La Casa Rossa. Il fiore del gelsomino è accattivante. Poi, lungamente, la camomilla, il sale, a anche la vena citrina degli agrumi. (91/100)

Vernaccia di San Gimignano Da Fugnano 2023 Fattoria di Fugnano. Floreale, croccante di susina gialla a prima maturazione, teso, salato. Si beve con grande piacevolezza. (90/100)

Vernaccia di San Gimignano Selvabianca 2023 Il Colombaio di Santa Chiara. Grintoso, palpitante. Fieno, camomilla, la piccantezza dello zenzero. Da attendere nel tempo con fiducia. (90/100)

Vernaccia di San Gimignano Hydra 2023 Il Palagione. Impeccabile nell’esecuzione, ha una polpa quasi macerativa e la buccia dell’uva sembra scrocchiare sotto ai denti. Salino. (90/100)

Vernaccia di San Gimignano Riserva Vigna ai Sassi 2022 Tenuta Le Calcinaie. Il legno è bene integrato e rafforza l’eleganza e la complessità del gradevole quadro aromatico. (90/100)