Dopo l’assaggio, ho chiesto ai colleghi che avevano avuto i miei stessi vini se anche loro avvertissero in bocca il pizzicore del pepe nero. Alcuni mi hanno risposto di sì, che il pepe effettivamente c’era, anche se non ci si aspetta di avere la bocca che sa di pepe, dopo aver bevuto dei Valpolicella. Invece, per me non c’è nulla di strano, stante che la corvina veronese e il corvinone, ossia le uve prevalenti della cuvée valpolicellese, a volte danno questa sensazione pepata, e in Val di Mezzane ancora di più; anzi, tanto di più. Insomma, insisto nel dire quel che ho già sottolineato altre volte: i vini di quella vallata sono piccanti di zenzero e di pepe, e lo sono in misura ben maggiore di quanto possano esserlo i Valpolicella delle altre valli della zona di produzione. Quale sia il motivo, non lo so. Fossimo in Francia, si direbbe che “c’est le terroir”, si tratta del terroir.
I Valpolicella in questione erano i Superiore prodotti da tre aziende appartenenti al gruppo dei Vignaioli della Valle di Mezzane, punta avanzata di quella parte di filiera valpolicellese che vorrebbe l’adozione delle sottozone nei disciplinari. Le aziende sono Grotta del Ninfeo, Massimago e Le Guaite di Noemi. Concettualmente e strutturalmente i tre vini sono diversissimi tra di loro, così come sono differenti gli stili aziendali, eppure quello che ritengo sia l’imprinting della vallata l’ho trovato del tutto presente, così come trovo che siano chiarissime le peculiarità organolettiche o tattili dei vini provenienti da altre valli del Valpolicella: che so, la sapidità della Val Squaranto, la freschezza dei piccoli frutti della Val di Marano, la ciliegia carnosa della Valle di Negrar, l’austera mineralità della Valpantena. Solo che, esclusa la Valpantena che la sottozona ce l’ha da sempre, le valli non si possono citare in etichetta, mancando la loro definizione nel disciplnare, ed è un peccato.
Però torno ai tre vini. Anzi, tre più tre, perché oltre ai Valpolicella abbiamo assaggiato anche le tre interpretazioni dell’Amarone, per il quale vale la medesima considerazione in tema di identità e di stili. Li ho testati in un mini press tour cui sono stato invitato, e adesso dico come li ho trovati, in rigoroso ordine di assaggio.
Valpolicella Superiore 2020 Grotta del Ninfeo. La tonalità chiara dà l’idea di un vino d’antan, impressione peraltro immediatamente confermata dal sorso salino, fresco, speziato e di gran beva. I profumi ricordano il fogliame secco, il bosco autunnale. Il frutto è croccante e insaporito dallo zenzero. Gastronomico. (89/100)
Valpolicella Superiore Profasio 2020 Massimago. Qui la piccantezza pepata è netta e dà carattere a un vino succoso di un frutto maturo e sapido, raffrescato da vene di buccia di arancia e di zenzero. La caratteristica saliente è l’eleganza. “Rappresenta l’identità aziendale” dice Camilla Rossi Chauvenet, la vignaiola. (91/100)
Valpolicella Superiore 2014 Le Guaite di Noemi. Il Superiore di Noemi Pizzighella va sul mercato dopo dieci anni dalla vendemmia, eppure il vino trasuda totale giovinezza. Le uve sono sottoposte ad appassimento per una ventina di giorni. L’annata difficile, la piovosissima 2014, si avverte negli accenni verdi. (87/100)
Amarone della Valpolicella 2018 Grotta del Ninfeo. Luca Fraccaroli, il titolare della Grotta del Ninfeo, lo definisce un Amarone da aperitivo. Sapete che vi dico? Che ha ragione. Ricorda un vermouth, un Negroni, un Americano. So bene che parlare di bevibilità quando si scrive di un Amarone può sembrare un controsenso, eppure è così. (91/100)
Amarone della Valpolicella 2018 Massimago. Prima che la vigna prendesse il sopravvento, il frutto della Valpolicella era la ciliegia mora, carnosa e croccante. Ecco, se non avete mai assaggiato la ciliegia mora, potete farvene un’idea con questo vino, che conferma il timbro aziendale dell’eleganza e quello territoriale della pepatura. (90/100)
Amarone della Valpolicella 2013 Le Guaite di Noemi. Complessità. È la parola che definisce quest’Amarone in uscita ultradecenne. Riporto la sequenza dei primi aromi avvertiti: ciliegia, speck, origano, timo, pepe nero, prugna, tamarindo, mandorla, fichi rossi freschi. Poi ho smesso di scrivere e mi sono goduto il bicchiere. (95/100)