Le Sorelle Bronca e le particelle del vino

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Sto notando con piacere, nel mondo del vino italiano, un crescente interesse per la produzione di vini parcellari, ossia provenienti da singoli appezzamenti di vigneto, ritenuti tali da potersi distinguere per la loro specificità nei vini che ne provengono. Sono quelli che in Francia vengono via via definiti cru, lieu dit o climat. Non c’è dubbio che si tratti di un passaggio cruciale verso la definizione di una mappatura minuziosa del potenziale vinicolo dei singoli territori, e come sempre sarà il mercato a dire se il singolo areale possieda o no quel quid che ne giustifichi la specifica menzione.

Come in tutti i processi d’innovazione, anche in questo ci sono dei pionieri. Uno dei ruoli di maggior rilievo in questo passaggio culturale, prima ancora che produttivo, è certamente ricoperto da una cantina di Colbertaldo di Vidor, nel Trevigiano, colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. È la cantina delle Sorelle Bronca.

Vent’anni fa, nel 2003, uscirono con un vino che fece epoca e per certi versi scalpore, il Particella 68, da un vigneto che sta proprio a Colbertaldo. Di fatto, un archetipo di cru del Prosecco di Valdobbiadene, sei anni prima che i vini della zona ricevessero la docg, ben prima che nella docg si individuassero le rive, che sono le menzioni designate a marcare i vini provenienti da singoli comuni o frazioni; esisteva solo la sottozona di Cartizze.

“A quei tempi – racconta Antonella Bronca, fondatrice della cantina assieme alla sorella Ersilianatutti volevano il Cartizze, ma noi non ce l’avevamo. Abbiamo pensato a che cosa fosse, nella sostanza, il Cartizze, alla sua identità territoriale, e abbiamo deciso di compiere lo stesso percorso su un vigneto della nostra azienda. In origine, il vino pensavamo di chiamarlo con il nome del mappale, ma non ci piaceva, così abbiamo deciso di chiamarlo particella. È stata dura, ma pian piano abbiamo fatto capire il senso del nostro lavoro”.

“Quando nacque la Particella 68 – ricorda Federico Giotto, il consulente, per me geniale, che segue l’azienda dal 2001 – fu una vera rivoluzione. Oltretutto, penso che sia stato il primo Prosecco della storia a uscire di volta in volta come brut o extra dry a seconda dell’annata. Decidemmo infatti di basare la scelta della tipologia sul concetto di armonia del vino in relazione all’annata“.

Nel 2016 c’è l’ulteriore balzo progettuale. Arriva la Particella 232, che esce come brut nature e proviene dalle uve di un vigneto acquistato a Farrò di Follina. Nel 2020 la guida del Gambero Rosso la proclama bollicina dell’anno. Un Prosecco di Valdobbiadene, un metodo Martinotti, al vertice della spumantistica nazionale. Impensabile solo pochi anni prima. Nello stesso anno c’è un altro passo in avanti. Nasce la terza etichetta, la Particella 181, figlia delle vigne più vecchie di Rua di Feletto.

“Lavorare sulle particelle – commenta Piero Balcon, marito di Antonella e factotum dell’azienda – è come fare un compito in classe, e ogni volta voglio portare a casa un buon voto”. Lo capisco, perché evidenziare la sfumature, i dettagli, i chiaroscuri, le ombreggiature è più difficile con la glera rispetto ad altri vitigni dalla personalità esuberante. Dunque, vendemmie separate, artigianali, pressature lunghe e lente, fermentazioni altrettanto pazienti, un unico imbottigliamento ad aprile, la rifermentazione fatta col mosto della stessa particella. E il vigneto è, come dice Federico Giotto, perpetuo, nel senso che si sostituiscono solo le fallanze.

Adesso sono arrivati altri due vini, complementari a quelli delle particelle. Si chiamano L’Est e L’Ovest. Sono dei Valdobbiadene Prosecco non già parcellari, ma frutto dell’assemblaggio delle uve prodotte le une dai vigneti più a oriente, nel Coneglianese, e le altre da quelli a occidente, sul versante di Valdobbiadene. Propongono dunque un focus più ampio rispetto alle particelle, che a loro volta possono essere lette meglio come dettaglio di zone più ampie.

I vini li ho assaggiati di recente. Queste le mie impressioni.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut L’Est. Salato e per converso perfino tannico a tratti. Ha una netta memoria aromatica di pera, che scrocchia sotto ai denti. (88/100)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra Dry L’Ovest. Riesce a essere, insieme, setoso e affilato, due anime fuse. Ha un frutto carnoso. Secondo me sa perfino invecchiare. (90/100)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Colbertaldo Brut Particella 68 2022. Mi ricorda una pera ancora acerba e dunque sprizzante di succhi aciduli, che mi piacciono molto e rendono un’idea di giovinezza. È scalpitante e grintoso, evocatore di rocce scoscese. (91/100)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Farrò Brut Particella 232 2022. Zucchero ce n’è molto poco, appena un tocco, il carattere è tagliente. Cammina sul filo di un equilibrio tutto suo, acrobaticamente. Chi cerca un Valdobbiadene di intenso carattere, qui lo trova. (93/100)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Rua Brut Particella 181 2022. Credo che questo vino sia la quintessenza di una semplicità che si traduce in eleganza innata. Fiori bianchi che sanno di vaniglia, crema che avvolge il palato, purea di frutta gialla. Irrinunciabile. (95/100)