E se la corvina venisse vinificata coi raspi?

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Mi ha sempre affascinato l’idea che la corvina veronese, che è l’uva principale della Valpolicella e dell’area del Bardolino, potesse essere vinificata coi raspi, come fanno in Borgogna col pinot noir e nel Beaujolais con il gamay, stanti certe similitudini che intravedo fra le tre uve in questione. Qualche tentativo è stato realizzato in questi anni e i risultati mi sono parsi incoraggianti. Non avrei pensato, però, che la sperimentazione fosse così avanti da diventare parte nodale di un vino che fa volumi piuttosto interessanti, ossia il Valpolicella Classico “base”, quello che porta in etichetta l’indicazione Le Caleselle, della Santi, azienda che appartiene alla galassia del Gruppo Italiano Vini.

Ebbene, per una buona parte – per un terzo circa – le uve di corvina e anche di corvinone destinate al Caleselle 2019 sono state fermentate col raspo per una quindicina di giorni, e il risultato è davvero sorprendente. Il colore è un rubino intenso e brillante, il frutto è saldissimo e croccante. Soprattutto, è avvincente il tannino, che fa da impalcatura al frutto e gioca a nascondino con l’acidità. Insomma, è un rosso che ha stoffa, ma non smarrisce di certo quella beva che è irrinunciabile per un Valpolicella giovane.

A osare nell’esperimento è stato l’enologo della Santi, Cristian Ridolfi, che in questi anni ha ingaggiato una sorta di personale sfida con la corvina, avendone a disposizione vigneti sia nella Valpolicella Classica che nell’area, Classica anch’essa, del Bardolino. Per questo Caleselle ha selezionato alcuni vigneti soprattutto sul versante est, collinare, della vallata di Marano, e sul versante ovest, anch’esso collinare, della valle di Negrar, che sono due areali peraltro abbastanza vicini l’uno all’altro. Però Marano è nota soprattutto per la freschezza e Negrar per la ricchezza di frutto, e credo che aver utilizzato le uve di entrambe le valli sia stato assai profittevole per l’esito finale. A questo punto mi domando che cosa ci riservi un utilizzo più ampio della fermentazione della corvina coi raspi. O meglio, me l’immagino, e non vedo l’ora di averne nel bicchiere la concretizzazione.

Sì, a questa modalità di lavorazione della corvina veronese ci credo parecchio. Ci credo, sia chiaro, a una condizione precisa, ossia che la si adoperi esclusivamente su uve che abbiano raggiunto una maturità fenolica perfetta. Insomma, i tannini del raspo devono essere perfettamente maturi, perché la fermentazione coi raspi non ti perdona il tannino verde, e questa condizione bisogna averla ben presente. Da quel che ho avuto nel bicchiere alla Santi – compresa una sperimentazione ulteriore, fatta sulle uve destinate all’Amarone -, Cristian Ridolfi queste cose le sa benissimo, e dunque le dico solo a monito di quei produttori che volessero in futuro – e spero presto – seguirne le tracce.

Valpolicella Classico Le Caleselle 2019 Santi
(90/100)