Quando si parla dell’identità di un vino, ci si può riferire alla sua capacità di rappresentare le prerogative di un territorio o alla sua rispondenza a un preciso stile aziendale (talvolta ad entrambe le caratteristiche insieme). Una perfetta rappresentazione identitaria di uno stile aziendale è costituita dai vini della cantina che fu di Giuseppe Quintarelli, e che ancora ne porta il nome e ne continua l’espressività, a Cerè di Negrar, in Valpolicella.
I vini di Bepi Quintarelli si sono sempre distinti per il loro imprinting stilistico, ben più e ben prima che per la loro appartenenza territoriale, distaccandosi anzi spesso, e di molto, al di sopra e al di là dei canoni correnti in terra valpolicellese. È, questa, la caratteristica dei fuoriclasse, che sono, appunto al di fuori di ogni possibile omologazione.
Trovo conferma di queste mie affermazioni in uno dei vini meno noti dell’azienda agricola intitolata a Quintarelli Giuseppe (nell’intitolazione, il cognome precede, didascalicamente, il nome). Parlo del Bianco Secco, quasi un’anomalia per un produttore celeberrimo per i vini rossi. Ne ho bevuta di recente, con estrema soddisfazione, una bottiglia dell’annata 2017, regalatami da Giorgio Tommasi, ex presidente del consorzio di tutela bardolinese. Ebbene, a prescindere dalla componente alcolica, che in questo caso è contenuta, mentre nei rossi è consistente, nel Bianco Secco ho ritrovato esattamente il senso e l’andamento che riconosco nei vini firmati Quintarelli, dall’Amarone al Valpolicella fino all’Alzero, e cioè una struttura netta, marcata, consistente insieme a una croccantezza straordinaria del frutto, tale da rendere assai gratificante la beva. È una forma di classicismo aziendale contemporaneo, di cui sarebbe bellissimo poter trovare più frequenti rappresentazioni presso altri produttori.
Veneto Bianco Secco 2017 Quintarelli Giuseppe
(90/100)