Il Chianti Classico ha davvero bisogno dei bordolesi?

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Anche se a qualcuno potrò far accapponare la pelle, mi dichiaro generalmente piuttosto “laico” in quanto a uve utilizzabili nei disciplinari di produzione delle varie denominazioni di origine. Nel senso che, laddove vi siano disciplinari “pluricultivar”, ho fiducia che prevalga comunque il terroir rispetto al vitigno. Ovviamente, lo stesso discorso credo che non possa reggere nelle aree vocate a singoli e specifici vitigni. Farei proprio fatica, per dire, a pensare a un Barolo fatto con aggiunte di vitigni diversi dal nebbiolo.

Fatta questa premessa, dico tuttavia che sono perfettamente d’accordo con quel che scrive James Lawrence su Wine-Searcher a proposito del Chianti Classico. “La Toscana – dice – è piena di deliziose bottiglie che fanno leva sulla fama internazionale di uve francesi come il cabernet sauvignon. Dunque, perché mai avremmo bisogno di avere dei Chianti Classico infiocchettati col merlot e il cabernet?”

Ecco, è la stessa domanda che mi pongo io quando bevo rossi toscani. D’accordo, ci sono zone della Toscana dove i vitigni bordolesi vengono benissimo (Bolgheri, giusto per dire) e in certe altre funzionano benissimo le uve del Rodano (a Cortona, ad esempio), ma in terra chiantigiana c’è proprio bisogno di “sporcare” l’autoctonia con le uve di Bordeaux? Secondo me no, e faccio fatica a bere del Chianti Classico che caberneteggi. Il sangiovese e le anime dei territori li voglio sentire bene, ma proprio bene, e le uve bordolesi, invece, quasi sempre mi disturbano l’ascolto della chiantigianità.

Che poi, a mettere nel Chianti Classico il cabernet o il merlot, i vini vengono davvero meglio? Lawrence è convinto che non sia così: “Direi di no: non ho mai assaggiato un blend che fosse superiore a Chianti Classico che avesse il 100% di sangiovese come tratto distintivo” scrive. Ecco, magari non sono così categorico e poi quel “mai” escluderebbe anche il canaiolo, che in certi casi apprezzo, però normalmente anch’io ritengo che un perfetto autoctono chiantigiano risulti assai più gratificante rispetto a un Chianti Classico “ritoccato” coi bordolesi.

Insomma, se avete la fortuna di fare vino in una zona nella quale da secoli s’è andato acclimatando ed esaltando il sangiovese, occorre proprio far gli innovatori? Per quel che mi riguarda, nonostante il mio convinto laicismo, la risposta è: no, e pazienza se “agli americani piace che ci sia il cabernet” (non sono più così convinto neanche di questo). Semmai, coi bordolesi fateci altri rossi, ché certi Supertuscan continuate a saperli far bene.