Cesare nome, Pio cognome, stile inconfondibile

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Pio Boffa deve aver seminato molto bene. Dopo che se n’è andato, due anni e mezzo fa, vinto da quella brutta bestia che ci ha chiusi in casa per mesi e che ha lasciato dietro sé dolore e pianto, gli sono succeduti la figlia Federica e il nipote Cesare Benvenuto Pio. Cesare non l’ho mai incontrato, Federica Boffa sì e, santo cielo, è una ventenne che pare venuta su a pane e cantina, e forse è venuta su davvero a pane e cantina (perché lo spirito di appartenenza è tangibile), e anche a studi e a gavetta (perché la competenza mica te la inventi, e lei ce l’ha). Sì, credo che Pio Boffa sia stato un ottimo maestro, oltre che un produttore di quelli che hanno ricostruito quasi da zero il vino italiano.

La cantina ovviamente è quella intestata Pio Cesare (“Pio è il cognome, Cesare il nome, a quei tempi nell’intestazione si scriveva prima il cognome e poi il nome” precisa Federica). Dico “ovviamente” perché do per scontato che sia conosciuta. Venne fondata nel 1881 in centro a Alba, è ancora lì. Ha fatto la storia del Barolo e del Barbaresco. Adesso ho l’impressione che voglia scrivere anche nuovi racconti, e la lingua in cui li intende narrare è quella dei vini bianchi. Quel che comunque mi sento di sottolineare è che la Pio Cesare ha uno stile di vino che ti può piacere o no, ma di sicuro non difetta in personalità, con quella compattezza arcigna. Perfino nei bianchi si cerca la complessità, perché si vuole la longevità. Ma che non ci sbagliamo: i vini non sono monoliti, non c’è pesantezza. Hanno un loro equilibrio, un tocco distintivo.

Incomincio dal bianco, il Langhe Sauvignon Blanc 2022. Blanc è il nome del vino, la denominazione è Langhe Sauvignon. (Mi pare proprio che in famiglia abbiano una spiccata propensione per i giochi nominativi.) Le uve vengono da vigneti storici, sul versante settentrionale del Bricco di Treiso, uno dei punti più elevati della zona del Barbaresco, e da Bossania a Trezzo Tinella, a un’altitudine di quattrocentottanta metri. Il vino non va in cerca di profumi alla moda. “Meno profumi, più sapore” è lo slogan di Federica. Il breve passaggio in legno non lascia traccia, se non nella trama, che è serissima. È uno dei Sauvignon più interessanti che abbia bevuto in Italia. Se l’obiettivo è farlo invecchiare, ci siamo.

Adesso il nebbiolo del 2019, in anteprima. “Sembra una vendemmia d’altri tempi questa 2019, come quelle che raccontavano i miei nonni: la maturità è stata raggiunta lentamente, senza picchi termici troppo elevati e questo, per un vitigno come il nebbiolo, caratterizzato da un ciclo vegetativo molto lungo, è fondamentale”. Li presenta così, Federica. Prima il Barolo Pio e il Barbaresco Pio, due vini-icona (il termine ci sta), dall’etichetta immutata da sempre. Sono gli interpreti della filosofia di Pio Cesare, che presuppone l’assemblaggio di uve di nebbiolo provenienti da differenti esposizioni all’interno di più comuni. “Riteniamo che Barolo e Barbaresco siano fratello e sorella” (è ancora lei a parlare), ed è corretto. Del Barolo Pio 2019 posso aggiungere che è un vino perfettamente didattico: se volessi spiegare a un neofita che cosa sia il Barolo, userei questo. Entrambi saranno sul mercato a partire da metà marzo. Poi, il Barolo Ornato, sempre del ’19, in stra-anticipo rispetto alla futura uscita. Serio, austero, destinato a un futuro importante.

Riassumo.

Langhe Sauvignon Blanc 2022 Pio Cesare
(90/100)

Barbaresco Pio 2019 Pio Cesare
(91/100)

Barolo Pio 2019 Pio Cesare
(92/100)

Barolo Ornato 2019 Pio Cesare
(95/100)