Capriano e il Monte Netto, terra di Superbrixian

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Vabbé, se vogliamo incardinarlo in una definizione potremmo definirlo un Superbrixian, ché c’è mica solo la Toscana che sa come mettere insieme per bene le uve bordolesi con l’autoctonia viticola. Nossignori, c’è anche il Monte Netto, e adesso non arrovellatevi a pensare a cosa e dove sia ‘sto Monte Netto, perché un indizio l’ho dato con quel brixian, ovverosia bresciano, ché Brixia era il nome romano della città.

Sissignori, il Monte Netto sta nella provincia di Brescia, a pochissimi chilometri dal capoluogo, ed è una placida altura di due chilometri per quattro che qui chiamano monte anche se arriva appena ai centotrenta metri d’altitudine ed emerge di non moltissimo dunque – una quarantina di metri forse – da dietro le schiere dei capannoni industriali della pianura.

Sulla sommità ci sono le argille, memoria dei remoti sommovimenti che rialzarono quel tratto di terre, e quelle argille sono una manna dal cielo per le vigne, che infatti qui ci sono state impiantate da lunga data, probabilmente da quando, intorno al Quattrocento, si segarono i boschi per cercare nuove opportunità economiche. C’è storia antica, insomma, anche se la doc locale, quella di Capriano del Colle, non è che sia tra le più note e neanche tra le più grandi, con le sue pochissime decine di ettari.

Tutto questo per dire che da quelle parti ha vigna da lungo tempo la famiglia Lazzari e i vigneti sono certificati bio dal 2016 e tra i loro vini c’è quel Capriano del Colle Rosso Riserva – la Riserva degli Angeli, omaggio ai patroni, gli arcangeli Michele e Gabriele – che ho avuto nel calice e che m’ha di molto soddisfatto perché grida a gran voce la sua brescianità, col marzemino indomito che emerge, col suo tannino e la sua freschezza, nel taglio che si fa col dieci per cento di sangiovese, come per tradizione, e poi col venti di merlot e il dieci di cabernet, che ci mettono del loro – e lo fan bene – nello smussare le asperità selvagge dell’uva prevalente. Insomma, c’è sì la parte bordolese, ma prevale, per indole e carattere, quella lombarda.

Era, il vino che ho bevuto, dell’annata 2015 ed esprimeva pienissima giovinezza, col fruttino che sembrava esplodere il proprio succo al palato come quando addenti le bacche mature nel fine estate e una speziatura convincente e gastronomica. Dichiara l’etichetta ben 15 gradi d’alcol, e però non me ne sono accorto finché non l’ho letto, perché il sorso è dinamico e nervoso.

Capriano del Colle Rosso Riserva degli Angeli 2015 Lazzari
(90/100)

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1 comment

  1. Andrea Tibaldi

    Gran bella realtà, il giovane produttore è competente e con grande passione.

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