Ah, che sorpresa il Bellone!

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Qualche tempo fa ho scritto dei metodo classico della cooperativa Cincinnato di Cori, dicendo che ne sono stato positivamente sorpreso (soprattutto del pas dosé), ma altrettanta sorpresa mi ha destato un altro vino della stessa cantina sociale, come gli spumanti interamente a base di uve di bellone, varietà autoctona dell’area. Si chiama Enyo. Avvalendosi di un lungo affinamento (l’annata in commercio è la 2018), e prima di una leggera macerazione sulle bucce, il vino acquista in solidità – ha un bel finale asciutto e tannico, come mi piace trovare nei bianchi di carattere – e in complessità. La traccia officinale, tipica della varietà, e in genere ricondotta alla mentuccia romana, qui mi ricorda più la lemongrass, e ha infatti una vena agrumata. Poi, quella presenza resinosa che mi pare costuituire un’altra prerogativa della varietà, e i fiori essiccati, anche, e un che di nettarina.

Mi ci soffermo ancora un attimo per sottolineare come mi pare che la scelta di lavorare integralmente il bellone con l’acciaio sia ottimale. “Dopo anni di prove con l’affinamento in legno abbiamo capito che il Bellone il legno non lo vuole e che si esprime meglio senza legno” ha detto, del resto, il presidente della cooperativa, Nazzareno Milita, e c’è di tanta concretezza, in questa persuasione.

Lazio Bellone Enyo 2018
(88/100).

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