Rivedere il Ripasso? Soave dice “no”

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Una pietra tombale. È quella messa sull’ipotesi di slegare in qualche modo il Ripasso dall’Amarone. A sentenziare un “no” senza possibilità di appello è Bruno Trentini, direttore generale della Cantina di Soave. Perché il suo “niet” lo si possa considerare definitivo e perché a dirlo sia il maggior produttore soavese è presto spiegato: la Cantina di Soave controlla quasi la metà della produzione della Valpolicella. La sua quota di controllo arriva al 49%. Mica scherzi.
Dice dunque Trentini: “Nel merito della recenti polemiche sorte circa l’opportunità di modificare l’attuale disciplinare di produzione del Ripasso che prevede possa essere ottenuto dalla rifermentazione delle vinacce dell’Amarone, ritengo assolutamente fuori luogo discutere su questo principio”.
Se il direttore generale della Cantina di Soave dice così, credo che spazi per discuterne ce ne siano molto pochi. Forse non ce n’è proprio per niente, nonostante le dichiarazioni del direttore generale della Cantina Valpolicella di Negrar, Daniele Accordini, che nei giorni scorsi diceva di ritenere “doveroso un momento di riflessione per i produttori della Valpolicella” sul rapporto strettissimo oggi esistente fra la produzione di Amarone e quella del Ripasso. E anch’io ho già detto la mia opinione in proposito, dicendomi cioè convinto che qualcosa in quel rapporto non regga.
Si domandava Accordini: “A questo punto è doveroso porsi qualche domanda: è giusto o giustificato produrre Amarone in annate difficili pur di ottenere il Ripasso? Qual è la strada da percorrere per conservare e promuovere il successo del Ripasso senza compromettere il valore internazionale dell’Amarone, che va sicuramente difeso anche da possibili scelte che, magari, non guardano alla qualità dell’annata e dei vini ottenibili?”
Ora l’intervento di Trentini sembra chiudere ogni spazio.
Dice Trentini: “Il Ripasso, lo dice il nome stesso, riflette una storia ed una tradizione, di naturale rifermentazione del vino Valpolicella sulle vinacce dell’Amarone. Il disciplinare ne ha solo limitato la quantità in relazione alla produzione dell’Amarone non in modo fantasioso, ma in linea con la tradizione. Pensare di accantonare questo concetto e produrre il Ripasso in modo diverso, (visto che se non c’è produzione di Amarone viene a mancare la materia prima), ovvero cambiare la tradizione per produrre di più in funzione del mercato, sicuramente non è un buon servizio al prestigio della denominazione. Un buon sevizio al mantenimento e crescita del prestigio della denominazione è, al contrario, produrre con rigore qualitativo avendo come unico obiettivo la qualità”.
Quanto allo strabordante successo del Ripasso, la cui domanda oggi è ben superiore all’offerta, Bruno Trentini spiega che “è molto positivo, a mio avviso, l’essere giunti ad una situazione di maggiore richiesta di Ripasso rispetto alla disponibilità produttiva ed è necessario ottimizzare al meglio questa opportunità”.
E poi: “Per tutti i grandi vini esistono annate nelle quali per particolari avversità climatiche non si produce o si limitano le produzioni stesse e ciò è segno di grande responsabilità dei produttori e accresce la credibilità ed il valore del prodotto. Se vogliamo pensare in grande considerando il Ripasso un prestigioso vino nel panorama mondiale dell’enologia non dobbiamo quindi preoccuparci di dover sempre accontentare le richieste del mercato e incrementare ogni anno la produzione”.
Punto.


2 comments

  1. marcello vaona

    Domanda: ma visto che entrambi fanno parte del CDA del Consorzio di tutela, non sarebbe più opportuno che si accordassero in quella sede invece che con questi botta e risposta sui media?

  2. marinella

    Bravo Marcello,
    prima ne discute il CDA, poi se lo riterranno opportuno sentiranno anche il parere degli altri soci, anche se di minoranza, giusto per un po’ di democrazia, poi verrà fatto un UNICO E BEL comunicato stampa da parte del coonsorzio.

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