Non pretendiate di fare vini rosa con uve non mature

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Non si può mica avere la pretesa di fare un buon vino rosa se le uve non sono mature. A me sembra ovvio, ma temo non lo sia per taluni fra coloro che si sono buttati a pesce nella produzione di rosé. In giro per l’Italia, soprattutto nelle zone che non hanno storica vocazione nel mondo rosatista e tra coloro che usano uve poco adatte alla vinificazione in rosa, trovo troppi vini segnati da fastidiosi tannini verdi. Rosatisti non ci si può improvvisare.

Sul tema è entrato a gamba tesa Gilles Masson, direttore del Centre du rosé de Vidauban, in Provenza, in un’intervista comparsa su Vitisphere. Stigmatizza proprio il fatto che troppo spesso si sente ancora parlare di rosé fatti con uve non mature. Non a caso da vent’anni al Centre du Rosé studiano la correlazione tra le date di raccolte delle uve provenzali destinate al rosé e i correlati risultati organolettici dei mosti e dei vini che ne derivano.

A proposito: c’è un’affermazione di Masson che sottolineo e condivido, in quell’intervista. Quando dice che il rosé è un vino di terroir, anche se c’è chi si ostina a descriverlo cone un vino tecnico. Ecco, anche in Italia faremmo bene a mettercelo in testa che il primo obiettivo di chi fa vino – rosa, rosso, bianco che sia – deve essere quello di fare un vino dalla forte impronta territoriale. Insisto, anche (e per me soprattutto) chi fa vino rosa.